Parris Hyde e Mark Stone sono due nomi noti nella scena metal italiana e non solo, attivi da almeno una trentina d’anni, in vari percorsi musicali. Insieme hanno dato vita a questo progetto legato al misticismo e alla spiritualità personale denominato “On the road to Santiago”. Un viaggio anche intimo, che trova sempre più spazio chi si sente schiacciato da ritmi di vita molto aggressivi.
Dopo l’intro “1075 AD” dove una campana richiama i pellegrini alla Cattedrale di Santiago di Compostela, appena costruita arriva “Through the gates” che mette insieme quella che è un po’ la caratteristica del disco, fraseggi acustici seguiti da partiture metal con propensione verso il prog, anche se alla fine si tratta di un risultato molto interessante, certamente intriso di misticismo e spiritualità, come sottolinea l’organo che conclude questo brano.
Hyde e Stone sanno certamente suonare e hanno anche idee per sviluppare il loro concept dedicato appunto al cammino di Santiago de Compostela, percorso ogni anno da migliaia di fedeli o anche persone in cerca di un riequilibrio personale. Questo disco credo che possa raffigurare con grande fedeltà questi impulsi e, comunque, la sfida di Parris Hyde, voce, chitarra, basso e tastiere e Mark Stone, chitarre, è certamente vinta. La band è completata da Georg Ghiuzzy batteria e percussioni.
Un riff tipicamente hard rock caratterizza “Sinner” con una invocazione molto chiara, per un brano breve ma intenso, dove la chitarra solista si sbizzarrisce in un assolo molto variegato. “The Fourth Way” ha la forma di una ballata acustica che parla dell’importanza simbolica del quattro come quadrato spirituale, per poi sfociare in un ottimo assolo chitarristico che, prerogativa di questa coppia di musicisti, si trasforma e cambia aspetto con grande frequenza.
“Days of penance” è un intermezzo musicale che riprende i temi precedenti. “Mystic Journey” è più veloce, con cori che dialogano con la voce solista, con un tappeto ritmico più accentuato e lo spazio alla chitarra solista, che ricorda certe partiture maideniane, che hanno un bell’effetto.
“Isabel” è l’omaggio alla regina Isabella d’Aragona che donò la sua corona alla cattedrale, un brano triste e che si muove su sonorità doom o comunque molto basse, che caratterizzano anche la successiva ballata elettrica “The indulgence”, che poi sviluppa una linea chitarristica decisa e avvolgente. Molto intimistica come struttura e orchestrazione “To the Cathedral”, una specie di canto mistico sottolineato dalla chitarra acustica e battiti di mani. Ancora la chitarra disegna un percorso importante in “Days of Redemption” dove il testo prosegue nel suo viaggio spirituale, mentre musicalmente siamo in territorio power-melodico, con sfumature molto personali. “Gloria” è un brano lirico-sinfonico di un minuto, solo strumentale, come “The end of the world” , interamente acustico, che chiude questa opera, che presenta qualche alto e basso, ma la qualità esecutiva è fuori discussione e le composizione ricche di spunti.
Voto: 7/10
Massimiliano Paluzzi