Ed ecco uscire il terzo volume di Marty Friedman riguardante il suo scambio interculturale con i musicisti giapponesi. Un album prevalentemente composto da covers strumentali di band nipponiche come Ikimonogakari, Da Pump, Momoiro Clover. Un album per sua natura vivacemente colorato, non da meno della spettacolare copertina, dove le consuete influenze del Metal strumentale, gli sprazzi di fusion e la inossidabile verve solista del nostro, tanto nei fraseggi melodici quanto nei passaggi più ultratecnici di velocissime note in successione sono gli elementi che vengono asserviti, appunto, ad omaggiare ed interagire la sensibilità dei musicisti del Sol Levante. Le composizioni, composte di vari mood perfettamente incastonati tra di loro, si arricchiscono spesso e volentieri di tonalità maggiori, le quali non sono da meno di quelle minori. Il che è da sempre una caratteristica peculiare di Marty, assieme al suo inimitabile tocco, ancora oggi capace di sfoderare feeling a profusione. Il tutto va a comporre un lavoro alquanto “progressivo” ed evocativo, ma mai dispersivo. Ricco di accorgimenti interessanti, come i gustosissimi lick a volume più contenuto messi a conclusione di alcuni brani, oppure alcuni passaggi dove la chitarra rimane da sola a mo’ di voce a cappella, tutto ciò rappresenta spesso un piccolo valore aggiunto. E poi, diciamocelo, un’altra particolarità tipica del nostro sono le curatissime parti “armoniche”, di cui anche quest’album è ricco, che descrivono fraseggi musicali alquanto “marziali” ed epici. E proprio in mezzo a tanta finezza, trova spazio anche un brano dalla natura alquanto schizofrenica e folle come “Ikuze Kaitou-Shoujo” (la cover dei Momoiro Clover), che contribuisce alla variegatezza del lavoro. L’interscambio stretto con il mondo musicale nipponico è ancora più forte nell’unica vera e propria canzone “The Perfect World”, interpretata dalla bella voce della giovane cantante giapponese Alfakyun, così come nella conclusiva “Japan Heritage”, contenente contributi del cantante-percussionista “tradizionale” Shonosuke Okura. Lodevole operazione quella di Friedman, che anche come “interprete” si destreggia bene. Data la portata ormai storica del suo fraseggio, che ormai in Giappone ha raggiunto livelli di popolarità mostruosi.
Voto: 9/10
Alessio Secondini Morelli