Gli Appennini abruzzesi e marchigiani come le terre scandinave ??? Il quesito è lecito se si pensa che da quelle parti son nate band abbastanza oscure in passato (Death SS, The Black su tutte…) così come oggi a quanto pare. Ma attenzione, i Faro, pur di provenienza abruzzese, sono distanti come concept e genere dalle band prima citate, con le quali condividono, però, quell’aurea cupa, malinconica, dark per intenderci, perfettamente diluita in musica caratterizzata dal prefisso “post” (progressive o metal… scambiateli o uniteli come volete…). Non appena ho iniziato ad ascoltarli, chissà perché, mi è venuta in mente la KScope (per chi non la conosce è la label che ha in catalogo molti lavori di Steven Wilson e relativi progetti, così come degli Anathema…). Senza parlare di angeli e demoni, il tema su cui è imperniato l’album è apocalittico quanto basta per essere in sintonia con le parole sinora espresse: il “Transumanesimo”, cioè un’epoca che vede la nascita di un nuovo essere vivente, ibrido e supertecnologico, incapace di provare emozioni ma perfetto. Se un tema del genere vi può sembrare banale o scontato, vi assicuro che non è proprio così. Così come non è un luogo comune parlare di IA e chi, come il sottoscritto, lavora in aziende dove si utilizza la tecnologia ai massimi livelli, questi cambiamenti li sente a pelle. Molto indicativo l’artwork del cd, tanto semplice quanto efficace a rendere l’idea del contesto di cui stiamo parlando. La peculiarità di questo lavoro è che, pur essendo di notevole lunghezza, non ci sono lunghe e noiose suite ambient (…è uno dei pericoli più frequenti da fronteggiare con dischi di questo tipo), ma ben 14 brani si omogenei, nel mood e nel concept, ma che hanno anche una vita propria, basati su armonie tanto malinconiche e crepuscolari, quanto suadenti, struggenti e dove fanno capolino refrain davvero ben costruiti, come in Cradle, Knots e Blow. Molto curate le vocals, spesso stratificate, del leader Rocco De Simone, fondamentale il lavoro delle chitarre di Angelo Troiano, che caratterizzano il suono moderno dell’album con le loro partiture spesso arpeggiate, a volte distorte, prive del tutto di assoli. Un altro elemento distintivo di Nu-Man è l’utilizzo della sezione ritmica. Il basso di Giacomo Pasquali conferisce notevole potenza al sound, specialmente durante il cambio degli accordi e la precisissima batteria di Andrea Giovannoli da spesso l’impressione di essere sul punto di esplodere, tanto da mantenere sempre alta la tensione. In questo senso mi sento di dire al gruppo di osare un po’ di più, di lasciarsi andare magari in qualche cavalcata ritmica… Potrebbe essere un ulteriore elemento chiave per evolvere verso la perfezione di un insieme che è comunque autore di un’ottima prova, caratterizzata, come abbiamo prima sottolineato, da elementi distintivi rispetto a dischi dello stesso genere, sicuramente un incentivo all’ascolto ed all’acquisto per gli appassionati. Produzione di qualità a cura di Andromeda Relix.
Voto: 8/10
Salvatore Mazzarella