Dopo cinque anni dall’uscita di “Khram” gli Arkona fanno uscire “Kob'”. Noto da subito che la parte folk ha perso terreno verso rimandi più pesanti e pessimisti.
Sia chiaro lo stile è rimasto lo stesso, come composizione generale, ma vi sono delle dinamiche più violente e meno folk. Diciamo che dal folk/pagan siamo passati più al pagan-black. Poi chi segue gli Arkona da qualche anno sa che a loro sono sempre state parecchio strette le classificazioni e i titoli “nobiliari”.
Analizzando la dinamica compositiva, perché la parte di registrazione è ovviamente di altissimo livello come ci si aspetterebbe da dei professionisti. Troviamo una produzione molto alta e delle dinamiche di post produzione che in ogni caso spingono in modo positivo le composizioni, forti anche di un arrangiamento che aiuta non poco; diciamo che la capacità della band è indiscussa se non che in alcuni punti sembra più un manierismo ed una voglia di “allungare” i brani per dimostrare di essere in grado di fare pezzi di molti minuti, andando di fatto in controtendenza con quelle che sono le dinamiche di mercato, considerate che la media a brano è di oltre sette minuti a brano con un picco di quai dodici. Va ammesso però che intro ed outro sono “nei tempi” standard di un brano(oltre i quattro minuti il primo e poco più di due il secondo).
A volte la scelta di fare un brano, con durata, a cavallo tra il prog e il doom (diciamo così per indicare brani oltre i sei minuti) ci può anche stare, ma bisogna evitare certe dinamiche squisitamente manieristiche o peggio ancora per allungare il brodo. Non siamo di fronte al secondo caso in questo lavoro, ma certamente un certo feeling verso il “ma io sono in grado di fare brani lunghissimi senza far prog o doom” c’è ed è purtroppo inequivocabile. Sia chiaro non è un qualcosa di “debilitante” o peggio di sconveniente, ma penso fermamente che alcune canzoni sarebbero state ottime pure separandole in due differenti brano o addirittura in tre parti.
“Kob'”, “Mor”, “Ydi” che per altro è la traccia più lunga, con quasi dodici minuti di durata, e “Na zakate bagrovogo solntsa” sono i brani che mi hanno colpito.
Il drastico taglio alle sonorità folk e la riduzione di alcune parti ambient ha tolto un po’ di spinta e di appeal a questo disco. Brutto? No, ma nemmeno bello come i precedenti lavori della band. Va ascoltato, per completezza di conoscenza della band, ma non è né un capolavoro né una svolta stilistica della band.
Voto: 7/10
Alessandro Schümperlin