L’etichetta Limb Music, sebbene abbia trattato diversi sottogeneri del metal, è da sempre stata in avanscoperta per il power metal sinfonico, in ogni sua sfaccettatura: dobbiamo infatti ad essa se i nostri Rhapsody (oggi “Rhapsody Of Fire”) si sono fatti conoscere al grande pubblico e sono attualmente fra le band metal italiane più apprezzate.
Sempre su questo filone, dunque, troviamo anche i britannici Memories Of Old, che si accingono a rilasciare il loro secondo album denominato “Don’t Stop Believing”, dopo cinque anni di silenzio dal precedente lavoro.
Il power metal sinfonico è dunque il genere di riferimento del combo, anche se devo ammettere che di prettamente orchestrale si trova ben poco: ad un primo ascolto, infatti, vengono in mente i francesi Fairyland, dai quali tuttavia si si discosta per un utilizzo più massiccio della doppia cassa a scapito di arpeggi e sinfonie. Il risultato, dunque, è un power più massiccio, epico, battagliero: quasi ogni traccia è un inno da urlare in sede live, o un coro da intonare in birreria, con le pinte di legno in mano. Per tutta la durata dell’album si può davvero viaggiare con la fantasia e immaginarsi a cavalcare pegasi (come quello in copertina) o a guidare eserciti in battaglie contro maghi oscuri o draghi famelici.
Tuttavia, una volta passata l’euforia iniziale vengono al pettine anche alcuni nodi, rappresentati da una certa ripetitività delle melodie e dei refrain: sebbene non sembri vi sia alcun plagio, il filo conduttore che lega tutte le tracce ha sempre un po’ il retrogusto del “già sentito” e quando i brani ingranano quel bridge o quell’arpeggio pronto a farli decollare… beh, non lo fanno. Bisogna tuttavia anche ammettere che la seconda metà dell’album ha decisamente più carattere della prima: i giri più particolari si trovano infatti a partire da “Fire In The Night”, la mia canzone preferita del disco, una cavalcata epica con un motivo che entra in testa da subito e fa fatica ad uscire. In ogni caso, tutti questi cori battaglieri sono un messaggio telegrafato al fatto che in sede live l’effetto possa essere ben diverso, molto più glorioso e coinvolgente di quanto non avvenga ascoltando la registrazione in studio.
“Don’t Stop Believing” rappresenta una simpatica aggiunta alla (purtroppo) fin troppo grande lista di album power metal, che non rivoluziona assolutamente nulla ma che può regalare momenti piacevoli a chi ha voglia di farsi trasportare dalla doppia grancassa e di viaggiare di fantasia.
Voto: 5,5/10
Francesco “Grewon” Sarcinella
















