“Il posto in cui amiamo è la casa, la casa che i nostri piedi possono lasciare, ma non i nostri cuori”. Oliver Wendell Holmes
Era il 14 Giugno dell’anno appena trascorso…stavo preparando i bagagli per un viaggio di lavoro a Catania, il caldo torrido di quei giorni mi costringeva a dormire poco la notte e la sera prima avevo preparato molto tardi la valigia e i documenti per il viaggio…
Quella mattina mi alzai, mi fermai a prendere un caffè (il primo di diversi che assumo solitamente durante le trasferte di lavoro) e mi incamminai verso l’aeroporto di Verona.
Mentre aspettavo di prendere il volo, trincerato al fresco condizionato della Sala d’Attesa del Gate 14, mi arriva una notizia sul server di GiornaleMetal.it…è il mio caporedattore che mi informa su una notizia appena battuta dalle agenzie stampa: In Flames firmano con Nuclear Blast per il prossimo nuovo album che verrà pubblicato nella prima parte del 2023.
Per un attimo mentre sentivo allo speaker del gate di preparare la carta di imbarco, pensai: hey ma InFlames e Nuclear Blast è un binomio davvero figo…
Quante volte lessi da ragazzino quel logo sui primi strepitosi album della band di Göteborg…la mente mi portò inconsciamente a quelle estati degli anni’90 dove ci si recava nei negozi di dischi (a Parma, la mia città, ce n’erano di bellissimi e stracolmi di cd da poter ascoltare nelle varie postazioni con cuffie – quanto erano belli quei tempi…senza tonnellate di musica confezionata e suggerita da un algoritmo…).
Spesso si leggeva una recensione sui vari Metal Shock o Metal Hammer e si andava alla ricerca del Top Album o dell’imminente uscita del Jester Race o Whoracle di turno…
La band come altre di quell’epoca fece da colonna sonora a un’intera generazione di giovani metallari che si ritrovano in un periodo di rinascita e dinamico cambiamento di un genere che stava cercando di re-inventarsi dopo anni un po’ fumosi…il terremoto grunge, i grandi nomi degli anni 80 un po’ persi tra improbabili reinterpretazioni e audaci autocitazionismi.
C’era una “magia” in quel momento, in quegli anni che rispecchiava il “cambio-pelle” che il Metal stava attraversando.
Un po’ di quell’energia l’ho risentita in questo stupendo nuovo Foregone di Anders Fridén & soci, il tempo è passato, diversi musicisti sono cambiati durante la loro ormai trentennale carriera, Strömblad e Daniel Svensson sono usciti dalla band…ma Björn Gelotte riesce con questo nuovo album della band a riportare non tanto lo stile, ma una caratteristica che credo sia stata la loro arma vincente al tempo di Clayman: Il Suono. Mi spiego. La band ha generato fin dalla sua consacrazione, che fu il Jester Race, un suo Suono, è non parlo di strumenti o di eq. utilizzati. Mi riferisco ad un proprio marchio di fabbrica riconoscibile e che si distingue da ogni altra produzione in ambito Metal.
Band come gli InFlames sono come quei campioni assoluti delle serie Professionistiche delle squadre sportive. Ci sono tanti che giocano a pallone o a basket, ma in pochi sono autentici fuoriclasse.
Come si suol dire che il pallone è tondo…le corde sono 6 (a volte 7) ma la differenza la fa l’essere umano…il Musicista in questo caso.
Il loro sound è un mix di armonizzazioni, ritmiche sincopate, linee melodiche metal e folk intrecciate a riff serratissimi, la voce di Fridén che alterna quello che sa fare meglio: growl taglienti e voci simil-pulite a ricamare e armonizzare i ritornelli. Il tutto fatto come lo facevano alla grande fino a circa 15 anni fa…lasso di tempo dove personalmente non li ho più capiti. Forse il cambio di etichetta (Sony) o altri scelte stilistiche. Tant’è che non sentivo quella freschezza che ho amato su Colony o Soundtrack to Your Escape.
Foregone è una piacevolissima sorpresa in questo Febbraio 2023, i pezzi sono strutturati esattamente come volevamo tutti sentire dai migliori In Flames. La band è tornata a fare ciò che li ha resi davvero grandi: Metal. Nulla di più e nulla di meno…nell’essenza pura che noi tutti, fruitori di tale genere, siamo ben consapevoli di recepire anche se le scale, i riff, i suoni sono bene o male quelli ormai da tantissimi anni.
L’album inizia con il pregevole arpeggiato di “The Beginning of All Things That Will End”, un mix tra Battery e una melodia celtica. Ottimo lo stile in contrappunto che ci regala una pregevole intro al disco.
A seguire un incessante magma sonoro composto da due dei brani più belli dell’album, il singolo “ritorno alle origini”: “State of Slow Decay” e la potentissima “Meet Your Maker”, dove troviamo riff serrati, suoni moderni, batteria compattissima e nello stile della band, aperture melodiche sui refrain e nei pre-chorus. Tutto come nella miglior scuola swedish.
Molto bella l’apertura melodica della successiva “Bleeding Out”, da segnalare le modulazioni ascedenti delle sequenze armoniche. Pezzo forse “di passaggio”, ma pieno di ottime soluzioni.
Arriviamo poi a metà disco e troviamo la title-track divisa in due parti: “Foregone, Pt. 1” e “Foregone, Pt. 2” dove la miglior scuola InFlames emerge con tutta la sua forza, chitarre armonizzate di terza, alternati tra chitarra distorta e pulita, voce tra il growl e le parti melodiche dei ritornelli. Il lavoro della parte ritmica è chirurgico e il tutto arrangiato in modo splendido.
Nel frattempo ero atterrato a Catania, caldo pazzesco, ma a parte quello, tornare nella meravigliosa Sicilia è sempre un piacere. In macchina direzione Noto ho caricato Whoracle…che pezzo magnifico Dialogue with the Stars.
Tornando a Foregone come non citare la bellissima e radiofonica “Pure Light of Mind”, dove la band azzarda un qualcosa di un po’ distante dal suo genere madre, ma mantenendo un livello compositivo estremamente alto, aperture melodiche dal sapore moderno, ma sempre nello stile della band.
Segue l’altro singolo lanciato nei mesi scorsi “The Great Deceiver”, pezzo forse un pelo inferiore al resto dell’album, ma che ha dato le prime impressioni che la band sia tornata alle sue origini sonore.
Verso la fine del disco troviamo la stupenda “A Dialogue in B Flat Minor”, un esempio di come gli InFlames targati 2023 hanno recuperato le cose migliori della loro produzione, distillando un pezzo assolutamente perfetto, dove convivono virtuosismi, assoli armonizzati, ritmiche serrate e droppate,
ritmiche sincopate e un ritornello che sembra preso da quel piccolo gioiello chiamato Soundtrack to Your Escape.
Dopo una veloce “Cynosure”, un buon brano, ma poco più che un riempitivo; troviamo in chiusura la serrata e eloquente “End the Transmission”, pezzo di ampio respiro con doppi e trippli cori di Fridén, ottimi arrangiamenti delle chitarre in armonizzazione nella sottostruttura dei verse prima dei pre-chorus e a cavallo dell’assolo (davvero ottima la prova di Gelotte e Broderick)
Il disco è a tutti gli effetti un gran ritorno allo stile che ha reso gli InFlames davvero una band unica.
Questo 2023 per certi versi non si era aperto nel migliori dei modi…ma Foregone (insieme all’incredibile album dei “cugini” The Halo Effect) rappresentano un ritorno a delle sonorità davvero fantastiche che da fan quale sono del genere, non vedevo l’ora di risentire a pieno volume.
A Noto poi ci arrivai…sempre con un caldo torrido, ma felice sapendo che da lì a qualche mese sarebbe uscito un nuovo album dei grandissimi InFlames.
“Le avversità sono come un vento forte. Ci portano via tutto, ad eccezione di quello che non può essere strappato, mostrandoci come realmente siamo”. Arthur Golden
Voto: 9/10
John Sanchez