“Novis Orbis Terrarum Ordinis” è il terzo album della band svedese Year Of The Goat, giunto a quattro anni di distanza dal precedente “The Unspeakble”. La band propone uno stile profondamente radicato nell’hard rock anni ‘60/70, con divagazioni nel metal, nel prog e nel doom, con riferimenti ai Blue Cheer, ai Blue Oyster Cult e ai più recenti The Devil’s Blood e Ghost, soprattutto per quanto riguarda le liriche legate al mondo dell’occulto. Questo nuovo album, infatti, può tranquillamente considerarsi un concept-album con delle liriche sviluppate attraverso un viaggio tra i sette peccati capitali. Il brano posto in apertura, “Subortus”, suona come una sorta di invocazione caratterizzata da una voce drammatica che richiama King Diamond, dall’atmosfera oserei dire quasi nostalgica. La successiva “Acedia” è un cavalcata di ispirazione country ma molto incisiva. Si prosegue con “Luxuria” dal sapore decisamente più accattivante, più ottimista, un ottimo brano hard rock. Con “Ira” la band mostra che ci sa fare davvero proponendoci un brano lungo, elaborato, costituito da diverse dinamiche; il brano in apertura si presenta come una ballata per poi diventare più sostenuto ed energico nella seconda parte, qui si sentono maggiormente le influenze da parte dei Blue Oyster Cult. “Superbia” e “Avaritia”, i due singoli, hanno una struttura più lineare; la prima molto potente e diretta con quel piglio che ricorda molto i Monster Magnet, mentre più classica la seconda con un ritornello riuscitissimo, come in “Gula” e “Invidia”. La chiusura del disco è affidata a “Subicio”, altro brano lungo e complesso dalle atmosfere doom, dove, in quattordici minuti, vengono messe in evidenza tutte le caratteristiche degli Year Of The Goat: teatralità, drammacità ed emotività unite ad atmosfere tetre e decadenti. “Novis Orbis Terrarum Ordinis” è un album solido e coinvolgente, classico e nostalgico che contribuisce a mantenere vivo il genere esaltandone le virtù come facevano i grandi del passato.
Voto: 7,5/10
Vincenzo Chioppa