“Fammi vedere il tuo giardino e io potrò dirti chi sei”. Alfred Austin
Da sempre dalla Norvegia arrivano band che esportano i tratti salienti di un modo di fare musica metal davvero caratteristico, patria non nativa del Black Metal, ma sicuramente dove il genere si è evoluto in decine e decine di forme come delle declinazioni linguistiche…la grammatica rimane immutata (blast beat, riff in strumming, scale doppie armoniche, terza maggiori e terze minori al posto dei classici power-chord) cambiano gli innesti provenienti dai vari sottogeneri del mondo del rock, tutto atto a creare una miriade di proposte più o meno valide. In quel limbo centrale dove fioriscono buone proposte che non scadono nel ridicolo di certi stereotipi del genere, ma che non hanno tutta quell’altezza artistica per portarsi su gradini più elevati, troviamo i Vreid. Band che arriva in questo 2021 con il loro nono album edito per la francese Season of Mist. Già otto album all’attivo per la band norvegese che album dopo album è riuscita a creare una propria proposta interpretativa di un genere che essendo, volutamente, radicato su forti clichè musicali, li avrebbe potuti far naufragare nel solito calderone di band black metal di cui davvero se ne potrebbe fare a meno. Wild North West è strutturato come un concept “mistico”, un viaggio personale quasi autobiografico del cantante, bassista e fondatore Jarle Hváll Kvåle. Ambizioso il progetto di affiancare al disco una serie di videoclip che rappresentano ogni singolo brano, creando una sorta di mediometraggio che come colonna sonora ha l’album stesso. Interessante l’idea e buona la realizzazione, rimane però con poca forza il progetto in quanto la consistenza artistica totale è abbastanza nella media, poiché proveniente da quel “regno di mezzo” di cui parlavamo poc’anzi. La band però ci dà un valore aggiunto che è la rappresentazione della loro terra natia, i pezzi sono evocativi dei bellissimi panorami che rendono la Norvegia un posto unico, con i suoi fiordi e valli incontaminate. A supporto di queste “visioni sonore” richiami a melodie proprie del patrimonio folk scandinavo. La band ha una buona preparazione tecnica, non c’è uno strumentista che prevarica gli altri, il tutto è ottimizzato sulla struttura del pezzo. Voce perfettamente in linea con le produzioni del genere e per gli amanti di una espressività quasi puramente made in scandinava
Buona la produzione che non eccelle per ricerca sonora, molto standard nella scelta dei suoni e negli effetti d’ambiente. Citiamo le buone Wild North West, The Morning Red, la “thrashy” Shadows of Aurora e quella Into the Mountains che acquista un qualcosa in più con i cori di voci bianche femminili che, forse non sarà l’ultima frontiera dell’originalità, ma porta all’interno del pezzo una certa varietà che non ci si aspettava. I pezzi migliori ci sembrano quelli dove i Vreid hanno provato a portare un qualcosa di nuovo nel genere padre.
Considerazione e appello al genere nel suo complesso, ma di cui fanno parte anche i Vreid, è quella di portare alle soglie del 2022 il genere a dei livelli un po’ più professionali e di ricerca espressiva. È irritante sentire al giorno d’oggi ancora band che ricalcano i fasti di un tempo passato dove i musicisti più che essere in grado di suonare si sparavano addosso e bruciavano chiese…ormai è tutto molto ridondante dal punto di vista musicale. E’ ora di elevare il genere, non per un discorso puramente di estetica artistica, ma perché la musica, come l’arte in generale, deve accompagnare il periodo storico in cui è stata creata…e ormai il genere è logoro e stantio. Il passaggio dalle generazioni passate alle moderne deve essere “creativo” e non “campanilistico”.
Tutto questo perché il genere rischia di diventare una parodia di se stesso e a quel punto ci sarà ben poco da fare.
“È più facile costruire bambini forti che riparare uomini distrutti” Frederick Douglass
Voto: 6,5/10
John Sanchez