Buongiorno metallari e non solo. Oggi ho l’onore di scambiare due chiacchiere davvero interessanti con uno dei musicisti più eclettici del panorama musicale a 360 gradi: Vittorio Sabelli.
Quando mi è stato proposto di recensire l’ultima fatica dei DAWN OF A DARK AGE, ho inizialmente espresso qualche perplessità: il black metal non è propriamente nelle mie corde. Ma il Redattore Capo mi ha rassicurata con una frase che si è rivelata profetica: «Sono particolari, è pane per i tuoi denti». Aveva pienamente ragione.
“Ver Sacrum” è sperimentazione pura: un’opera che fonde musica, storia, antropologia ed esoterismo. Il concept richiama il popolo dei Sanniti, devoti al dio Marte — o Mamerte in lingua sannitica — come suggerisce lo stesso titolo. La Primavera Sacra (Ver Sacrum in latino) era infatti un rituale di natura sociale e religiosa, diffuso almeno dall’Età del Bronzo (2300-1100 a.C.) e praticato da diversi popoli dell’Italia antica. Prevedeva la migrazione di una parte della comunità per fondare nuove colonie ed evitare il collasso sociale.
Ma lasciamo parlare direttamente la mente compositiva dietro questo progetto.
Ciao Vittorio, benvenuto su Giornale Metal e grazie per avermi concesso un po’ del tuo prezioso tempo. Hai all’attivo diverse realtà musicali: cosa ha dato origine al progetto Dawn Of A Dark Age?
Ciao Ilaria, e grazie a Giornale Metal per questa opportunità, in un momento molto importante per Dawn Of A Dark Age.
Tutto nasce da molto lontano. Avevo circa 14 anni quando un mio amico di scuola, trasferitosi da Roma ad Agnone, mi fece scoprire band come Iron Maiden, Metallica, Slayer e Black Sabbath. Nello stesso periodo suonavo il clarinetto nella banda del paese e anche in un gruppo folk.
Già allora sognavo di unire lo strumento che oggi rappresenta il mio lavoro con la musica estrema. Poco dopo iniziai a strimpellare la chitarra e provai a inserire il clarinetto in alcune registrazioni casalinghe su cassetta, ma nulla che mi convincesse davvero.
Tutto cambiò durante un viaggio in Norvegia, quando mi ritrovai davanti alla tomba di Euronymous, nel cimitero di Ski. In quel momento accadde qualcosa di inspiegabile, che mi spalancò definitivamente le porte per realizzare ciò che avevo in mente da oltre vent’anni. Così nacque il primo, primordiale Dawn Of A Dark Age.
Il percorso personale — sociale, territoriale, storico e culturale — è fondamentale per qualsiasi forma d’arte. Quanto sono importanti le radici per chi, come te, porta anche un cognome così significativo dal punto di vista storico?
Sono felice che questa linea temporale, che parte dal IV secolo avanti Cristo, sia arrivata fino ai giorni nostri, arricchendosi di conoscenze sull’antico popolo dei Sanniti, prima Sabini e poi Sabelli.
Era scritto da qualche parte che mi sarei addentrato nelle gesta degli antichi popoli italici, rendendo loro omaggio con “La Tetralogia della Memoria”.
Non posso negare che tutto ciò sia stato possibile soprattutto grazie al luogo in cui sono nato e ho vissuto per gran parte della mia vita: l’antico Sannio. È lì che tutto ha avuto inizio dieci anni fa, a pochi chilometri dalla Fonte del Romito, dove è stata rinvenuta la Tavola Osca, l’elemento che ha dato origine all’intera Tetralogia.
Il rapporto con i Sanniti, con l’immanente e il trascendente, con la Terra e con gli Dei, con i rituali e la lotta per la sopravvivenza: quanta “magia” è entrata nella scrittura di Ver Sacrum?
La magia pervade l’intera Tetralogia della Memoria sin dal 2015, quando visitai la mostra “La Tavola degli Dèi”, in cui era esposta la Tavola Osca di Agnone (ancora oggi non è certo se si trattasse dell’originale o di una copia).
Ripensando a quel periodo intenso, posso dire che una sorta di aura abbia accompagnato tutto il percorso fino all’ultimo capitolo, Ver Sacrum. Ogni album possiede una propria componente magica: dallo spirituale de La Tavola Osca, al guerriero di Le Forche Caudine, passando per l’agricolo-pastorale di Transumanza, fino a Ver Sacrum, che rappresenta il ritorno al principio, a dove tutto ebbe inizio.
Sono da sempre affascinata dall’arte e, soprattutto, dai suoi creatori. In questo caso colpisce l’oscura profondità che trasuda da ogni nota. Quanta “magia” c’è nello scrittore di Ver Sacrum?
Non saprei darti una risposta precisa. Scrivo in modo del tutto naturale, purché abbia un concept stimolante e temi forti da affrontare. Cerco di costruire ogni album in maniera organica.
Cosa ci sia davvero alla base non lo so: forse magia, forse alchimia, forse empatia… o forse tutte queste cose insieme. Finché ho idee da trasformare in musica, preferisco non pormi troppe domande.
Domanda inevitabile: sai già a chi darai voce nel prossimo progetto?
Quando termino un disco mi sento completamente svuotato. Lo archivio mentalmente nella cartella “dischi finiti”. Ci lavoro in modo ossessivo per anni e, una volta concluso, non ho più voglia di ascoltarlo.
Ho diverse idee, ma al momento mi trovo in una sorta di punto zero, come accadde alla fine della saga degli Elementi. Dopo aver scavato così a fondo nelle radici dei miei antenati e della mia terra, è difficile guardare subito oltre.
Ora aspetto in silenzio: se qualcosa di stimolante saprà darmi l’entusiasmo e le energie necessarie, sarò pronto ad accoglierlo. Solo il tempo potrà dare una risposta.
Ti rinnovo i complimenti: sei un artista straordinario. Ultima domanda: prossimi appuntamenti live? Tour estivo o festival?
Dopo 11 anni di attività e 9 album in studio, Dawn Of A Dark Age ha iniziato solo da poco la propria esperienza live. In questi giorni sto lavorando ai prossimi concerti.
Qualcosa di importante accadrà in estate, ma è ancora presto per conferme ufficiali. Seguiteci sui nostri canali social e su Bandcamp per restare aggiornati:
👉 https://dawnofadarkage.bandcamp.com/
È stato un immenso piacere.
Il piacere è tutto mio. Grazie ancora, a nome dei Dawn Of A Dark Age e dei Sanniti.
Ilaria Midnightsun















