Ho conosciuto i Transcendence oltre vent’anni fa, quasi per caso: stavo cercando informazioni su V dei Symphony X — capolavoro indiscusso — e mi imbattei in questa band americana dal nome evocativo. All’epoca non mi colpirono particolarmente, complice forse un ascolto distratto o una proposta musicale che non era in linea con i miei gusti di quel momento. Ritrovarli oggi, tra gli album da recensire, mi ha però strappato un sorriso.
Dopo il debutto del 1998 e un EP rilasciato qualche anno più tardi, la band sembrava scomparsa dai radar. Ma ora, con Nothing Etched In Stone Pt. I, i Transcendence tornano finalmente in scena, pronti a riprendere il discorso interrotto. Si tratta della prima parte di un’opera concettuale la cui seconda metà è prevista per il 2026.
Per chi non conoscesse il gruppo, il genere proposto è un progressive metal molto diverso da quello sfarzoso dei Dream Theater o da quello sinfonico dei già citati Symphony X e Artension. I Transcendence affondano invece le radici in un heavy metal robusto e granitico, in stile Queensrÿche, dove l’enfasi è posta più sull’intensità dei riff e sulla profondità dei temi che non sulla tecnica esasperata.
E proprio sui contenuti, i Transcendence si distinguono: i testi ruotano attorno a conflitti interiori, spiritualità e introspezione, ponendo l’accento su come le esperienze personali possano coniugarsi con la fede (o con la ricerca di essa) in modo non tossico ma costruttivo. È un concept maturo, che si percepisce bene nell’arco narrativo di questo nuovo lavoro.
Dal punto di vista musicale, Nothing Etched in Stone Pt. I convince per coerenza e passione: i riff sono grezzi e incisivi, e la voce del nuovo cantante – ruvida, potente, ma capace di escursioni in acuto – si dimostra perfettamente adatta al sound del gruppo. Alcuni passaggi risultano forse un po’ prolissi o ripetitivi, e avrebbero giovato di un lavoro di rifinitura negli arrangiamenti, ma nel complesso il disco si lascia ascoltare con piacere, specialmente per chi apprezza un progressive più “di sostanza” e meno barocco. A tratti ho persino colto reminiscenze dei primi Stratovarius, pur con una produzione decisamente più moderna e curata.
C’è però un appunto da fare, non tanto musicale quanto visivo: nel presskit fornito, la “foto” della band è in realtà una pesante elaborazione generata da intelligenza artificiale. Sarò all’antica, ma credo fermamente che l’arte – e la musica in primis – debba sempre mettere al centro l’elemento umano. L’utilizzo dell’IA per rappresentare i volti di una band lo trovo poco rispettoso nei confronti del pubblico e dell’arte stessa.
Detto ciò, Nothing Etched In Stone Pt. I resta un buon ritorno per i Transcendence: non è un capolavoro, ma è un’opera sincera, suonata con cura, e dotata di contenuti più profondi della media. Un ascolto consigliato per chi ama il lato più riflessivo e solido del progressive metal.
Voto: 6,5/10
Francesco “Grewon” Sarcinella
















