I californiani Suicide Silence provano oggi a ripresentarsi con un nuovo lavoro dopo il precedente, poco funzionale per molti, dando uno scossone.
Dei poco meno di quaranta minuti per un totale di undici brani, già prima di arrivare a metà album ci sono badilate in faccia a trecentosessantagradi.
La band rimaneggia il deathcore in modo massiccio e rendendo i quaranta minuti di ascolto una vera botta di brutalità e di cattiveria sonora.Cosa simpatica l’uso di una copertina che ricorda tutt’altro genere e tutt’altro approccio sonoro. Ennesima dimostrazione che non si deve giudicare un libro dalla copertina, in questo caso il cd dalla copertina. LE strutture deathcore sono standardizzate all’interno delle loro tracce, la ricercatezza in mixing ed in mastering di una miscela tra pulizia del suono e la brutalità armonica è ottimale.
Micidiale il riffing droppato delle due chitarre, classici i breakdown di tutta la scena, sia death che metalcore, drumming devastante che passa da rallentati al blastbeat senza nessuna problematica. Basso che fa da collante nelle retrovie e ovviamente nota di merito al cantante Hernan “Eddie” Hermida, che sostituisce Lucker dopo la sua morte nel 2012 per un incidente stradale.
Empaticamente parlando direi: “Love me to death”, “Feel alive”, “In hiding” e “Disaster valley” sono le tracce che più di altre vi danno il senso delle mie parole. Come sempre fate vostro l’album e valutate le vostre preferite.
I Suicide Silence credono in quello che stanno facendo in questo momento e da come lo fanno, sono pressoché certo che non è un momentaneo cambio di rotta. I pregressi rimandi “nu metal” sono scomparsi, ora sono “solo” deathcore diretti sui vostri denti
Voto: 7/10
Alessandro Schümperlin