Ero molto curioso di ascoltare questo “Bittersweet”, secondo album di Cassidy Paris, che avevo apprezzato al Frontiers Festival 2025 di Trezzo sull’Adda. Mi era piaciuta la sua presenza scenica, la sua naturalezza e anche la capacità di coinvolgimento del pubblico. Una australiana che fa parte della scuderia di Frontiers e se ne giova alla grande, visto che è proprio un italiano, Aldo Lonobile, il deus ex machina dell’intero disco.
E’ bene dire che Cassidy Paris è una specie di figlia adottiva, in termini musicali, dell’ottimo Paul Laine, solista e leader dei clamorosi Danger Danger, che l’aiuta da sempre e interviene sia in fare compositiva che nelle scelte strategiche. Avere come tutor un personaggio come Laine, è certamente un grande punto di partenza e Cassidy Paris dimostra che la sua crescita artistica è evidente, perché “Bittersweet” è certamente molto più maturo e strutturato del pur ottimo “New Sensation” di un paio d’anni fa.
Insieme a Laine, Cassidy trae vantaggio dalla presenza di Aldo Lonobile come produttore e tecnico del missaggio, con evidenti ricadute sul suono del disco, veramente al top.
I brani sono certamente di facile ascolto, ma è un aor-rock decisamente sofisticato, se si analizza con attenzione il risultato. Mi lascia perplesso un solo episodio, “Give me your love”, rock’n’roll con tanto di fiati, dove la bella australiana si produce in urletti molto scontati che non rendono giustizia alla sua cifra interpretativa.
E’ questo, per me ovviamente, l’unico, piccolo neo, di un “Bittersweet” di alto livello, in ambito di metal-rock melodico, come nella iniziale “Butterfly” , dove Cassidy Paris disegna con la voce una linea molto accattivante. La chitarra è protagonista di “Nothing left to lose”, ma tutti i brani hanno elementi di interesse, con grandi cori e melodie talvolta accennate, ma anche sottolineate, come in “Wannabe”, uno dei pezzi meglio riusciti, con una linea chitarristica ficcante, una sezione ritmica in primo piano e un coro che dal vivo troverà molti consensi. Si dichiara influenzata da Lita Ford, Joan Jett, Pat Benatar e Debbie Harry e qualcosa, probabilmente, c’è di tutte loro, come in “Gettin’ Better” con una chitarra tranchant nella parte finale dell’esecuzione.
C’è della malinconia in “Can’t let go”, che permette di esplorare un mood diverso di Cassidy, seguita dalla serrata “Undecided” dove l’australiana mostra il suo lato più grintoso, sia pure in un contesto farcito da cori bongioviani. “Sucker for your love” propone ancora un coro facile da ricordare, così come “Brand New Day, incalzante rock dalle forti tinte melodiche. Non è diverso “Is anybody out there?” che accompagna lo sviluppo delle linee vocali con parti anche arpeggiate, anche queste richiamanti certe espressioni vicine a Bon Jovi. Cassidy Paris è però artista matura e affronta i vari brani con capacità. “Turn around and kiss me” è un invito che raccoglierebbero in molti, mentre la finale “Stronger” è un bel modo per congedarsi dai suoi ascoltatori, in attesa di vederla di nuovo dal vivo.
Voto: 7,5/10
Massimiliano Paluzzi















