Dopo un esordio di circa 10 anni fa con un EP, uno split ed un demo gli Askesis tornano tra noi tramite time to kill con quello che potremmo definire un debut album.
“Beyond the fate of Death” è un album che va tra il black ed il Death a più riprese e in più occasioni affonda sia in uno che nell’altro genere senza grosse problematiche e riesce ad essere apprezzabile sia dai fans sfegatati del black che del Death metal vecchio stile.
L’album è definito come concept dato che la band si avvale degli scritti di Albert Camus e nella fattispecie del “Il mito di Sisifo”, portando i concetti dello scrittore all’interno del pentagramma e dando vita ad un balletto tra Dark Funeral e Behemoth.
Strutturalmente la band parte dagli stilemi delle band di cui sopra a cui si appoggia una propria personale visione del pentagramma, seppur non facendo delle deviazioni mostruose sul tema. Quindi troviamo una batteria che non da scampo nelle parti veloci con tanto di blastbeat e muro di percussioni e di piatti, passando su parti quasi marziali nei punti di mid-tempo delle tracce. Chitarre che senza pietà tagliano l’ascolto in modo quasi chirurgico e delle scelte nei passaggi tra un riff e l’altro curiosi, ovvero: pur avvalendosi dei tritoni tipici del “diabulus in musica” tipico del metal estremo hanno delle progressioni sonore che rendono l’ascolto vario e mai scontato.
Purtroppo come spesso accade il basso è poco percepibile, pur facendo un lavoro di unione tra chitarre e batteria. La voce è ovviamente super aggressiva e distorta con passaggi dal mezzo scream al growl.
Per quello che concerne il fattore arrangiamenti e post produzione abbiamo delle “variazioni sul tema” all’interno del duo sopracitato ovvero troviamo alcuni passaggi che potrebbero provenire dai Watain, quindi interessante scelta. Purtroppo, di nuovo, troppa carne al fuoco fa talvolta perdere un pochino il focus dell’obbiettivo. Ci sono dei punti a livello di scelte di arrangiamenti e di scelte sonore che fanno dire “il troppo stroppia”. Sia chiaro nulla di irreparabile o di ingestibile, ma il famoso motto “less is more” è importante spesso, per non dire sempre.
Senza poi contare che nel metal estremo, e nella fattispecie nel black, il concetto di minimale è un must lascia perplessi momenti di opulenza insensata.
Esempio di ciò che ho detto è la traccia “Logical suicide” che è una traccia che ha troppo, troppi cambi, troppi riff, troppe influenze differenti e destabilizza un pochino. POI se l’intento della band era quello di destabilizzare, allora “parola torna indietro” il risultato è stato ottenuto.
A conti fatti i poco più di trenta minuti di musica in otto capitoli che questo album porta risulta complessivamente un lavoro godibile e valido. Ovviamente deve piacervi il metal estremo, se no è occasione persa.
Voto: 7/10
Alessandro Schümperlin