Credo che l’heavy power metal, ancor più del thrash/death, sia il sottogenere di metal più inflazionato nel corso dei decenni: sono davvero innumerevoli le formazioni che si riversano in questo filone. Tuttavia, è altresì interessante e degno di studi il fatto di riuscire sempre, in qualche modo, a proporre qualcosa di nuovo che non sia necessariamente la scopiazzatura degli stessi riff o linee vocali.
Gli Skull & Crossbones sono dunque arrivati al loro secondo lavoro, chiamato “Time”, un lavoro alquanto bizzarro in quanto al primo approccio sembra davvero essere una mera copia di tanti altri: è invece dai successivi ascolti che rivela il suo vero potenziale e una certa freschezza negli arrangiamenti, merce piuttosto rara nel genere.
Quello che ho apprezzato maggiormente è stato comunque la voce del cantante, che come ci si aspetta è in grado di salire molto in alto con le note e con convinzione, ma che nei toni più bassi e medi mi ha ricordato (come tibro) quella di Ian Anderson dei Jethro Tull, ed è stata davvero una piacevole sorpresa.
A livello strumentale non riesco a inquadrare episodi degni di nota ma posso affermare con tranquillità che non si avvertono particolari ridondanze o passaggi troppo prolissi: il disco si lascia ascoltare, anche se bisogna trovarsi dell’umore giusto per potersi allineare all’incedere epico dell’album: è tutto come una marcia verso la battaglia, fra accelerazioni e rallentamenti, e se non si tiene alto il morale si può sentire la voglia di defilarsi dalle fila e abbandonare l’ascolto.
Concludendo, “Time” è una discreta prova per gli Skull & Crossbones. Non una pietra miliare in grado di rivoluzionare l’heavy power metal, ma un piacevole tassello nella discografia degli amanti del genere, a cui consiglio l’ascolto e l’acquisto.
Voto: 6/10
Francesco “Grewon” Sarcinella
















