9 Anni. 9 sono gli anni che hanno separato “The Blue”, ultimo capolavoro della seconda era dei Novembre, dal suo successore “Ursa”, e sempre 9 sono gli anni che hanno separato URSA, a sua volta, da questo “Words Of Indigo”, presentato come un fulmine a ciel sereno nell’estate 2025. Quest’anno è stato davvero carico di ottime uscite, dunque i Novembre, per far sentire la loro voce, non possono contare sulla scarsità di valide uscite, ma solo sull’effettiva qualità del loro lavoro: devo tuttavia riconoscere che mai nella loro ormai 35ennale carriera hanno deluso le aspettative.
Per chi dovesse avere l’indubbia sfortuna di non conoscerli, i Novembre sono artefici di un gothic metal con tinte progressive e derive death e post metal, ma questa classificazione sta comunque loro stretta: il loro genere approda infatti verso svariati lidi e contaminazioni, creando tuttavia un composto sempre perfettamente riconoscibile e unico nel loro genera; sono comunque spesso molto apprezzati da chi adora anche i Katatonia, i Paradise Lost o gli Opeth. Personalità affine a queste sonorità è infatti Dan Swanö, da sempre amico e alleato dei Novembre, nonchè loro produttore. Vi è dunque la sua mano dietro la produzione di Words Of Indigo, che già dalla copertina sembra voler raccogliere l’eredità di “The Blue”, album del 2007 a suo modo perfetto nelle sue eclettiche e versatili sfaccettature e mai troppo elogiato.
Come anche nel precedente URSA, anche in Words Of Indigo è stato rispettata la stessa direzione in fase di mixaggio: i suoni non sono mai troppo puliti, non c’è mai troppa compressione: nonostante non si possa più parlare di registrazioni quasi caserecce come quelle del disco d’esordio “Wish I Could Dream It Again”, tutti i brani hanno sempre un po’ quel sapore grezzo, sporco, viscerale, sebbene si tratti più di un retrogusto che altro: è indubbio il lavoro sopraffino che c’è stato. Detto questo, il prodotto richiama maggiormente (nella prima metà del disco perlomeno) “The Blue”, ne sembra essere davvero il seguito spirituale sin dalle prime note di “Sun Magenta”. La maggiore espressione di quel tributo ne risulta essere quella che è poi anche la mia traccia preferita dell’album: Neptunian Hearts: malinconia, ferocia ed epica tristezza, come solo i Novembre sanno farci partecipi sin dai tempi ancora più lontani di “Classica”, ormai ventiseienne.
Non mi son mai piaciute le recensioni traccia-per-traccia, lo ammetto: con tutto il rispetto, le ho sempre trovate eccessivamente prolisse e dispersive. Dirò solo che negli oltre 60 minuti di durata, Words Of Indigo non delude le aspettative, in nessun punto: risulta piuttosto essere un’ottima prova reduce dei 9 anni di silenzio da Ursa e nel complesso offre una resa anche migliore del disco precedente, anche se leggermente inferiore a quello di “The Blue”. La seconda parte del disco risulta centrare forse leggermente meno il punto, probabilmente perchè l’attenzione dell’ascoltatore va leggermente scemando dopo la prima mezzora; tuttavia è esattamente nella seconda metà del disco che i Novembre sperimentano maggiormente, e offrono soluzioni sonore a cui non siamo abituati: questo significa che per poterne cogliere tutte le sfaccettature, l’album va ascoltato molte volte, e anche con un buon impianto audio. Ne consiglio, piuttosto, l’ascolto in cuffia e senza elementi disturbanti esterni, proprio per poterne cogliere tutti gli aspetti sonori, curati con immensa dedizione e professionalità.
Non c’è che dire: Carmelo Orlando sa sempre dove mettere le mani, e questo “Words Of Indigo” ne è un’ulteriore prova tangibile.
Voto: 8/10
Francesco “Grewon” Sarcinella
















