La Frontiers non smette di lanciare nuovi gruppi, o comunque incoraggiarne di giovani e promettenti, come questi Vypera che pubblicano “Race of Time”, seconda opera dopo il disco del 2022 “Eat your heart out” che li ha proposti all’attenzione mondiale.
A un primo ascolto, specialmente in certi brani, è straordinaria la somiglianza con il cantante di un gruppo straordinario come i Riot, Guy Speranza. Solito timbro vocale, stesso modo di affrontare i brani, insomma, una specie di clone, credo assolutamente inconsapevole. In ogni caso un accostamento che dovrebbe inorgoglire Andreas Wallström, certamente capace di cantare.
Tutto questo si esplicita particolarmente nella iniziale “Hey you” , in “Mary Jane” e “Trying hard to runa way” che potrebbero essere tranquillamente scambiate per produzioni Riot, mentre già la successiva “Riding in the wind” porta il cantante a usare toni più acuti che caratterizzano questo classico hard-rock melodico. Altro brano cangiante è “Stormwind”, che mette insieme i classici ingredienti della ballata con uno sviluppo dove la chitarra solista è sovrana.
Con “Vicious” i Vypera esplorano gli stilemi tradizionali dell’aor scandinavo e il risultato non è straordinario, mentre la lezione di Yngwie Malmsteen pare essere assimilata con “No place for a dreamer” con questo hard energizzato da venature neoclassiche
Se i Raven cantavano ”Faster than the speed of light” i Vypera propongono uno dei brani migliori, per grinta e velocità, chiamato appunto “Speedin” che mi ricorda certe composizioni del supergruppo Racer X, ma certamente un pezzo molto riuscito, come, per il coro soprattutto, “Daytona”, con il quale i Vypera tirano il freno in un mid-tempo interessante, dove, come nel resto dell’opera, la chitarra di Cederick Forsberg, il solista, ricama sonorità penetranti, in un contesto comunque di grande coesione della band, composta, oltre che da lui e Wallström, dall’altro chitarrista Christoffer Thelin, Andreas Andersson al basso e Johan Pettersson alla batteria. Il disco si chiude con la dinamica, a tratti neoclassica, “Slave to love”.
Sicuramente bravi, favoriti da una superproduzione, ora bisogna che nel terzo album i Vypera sfoderino il veleno di qualche hit e brani di personalità. In quel caso potrebbero davvero fare il botto. Altrimenti lo standard è : bravi, ma poco originali.
Voto: 7/10
Massimiliano Paluzzi