Primo album per la neonata Atomic Fire per la band tedesca che era tornata non molto tempo fa sotto l’egida della Nuclear Blast dopo i tanti anni trascorsi sotto la nostrana Frontiers.
Si parte con la roboante “Another hero”, traccia dal sound tipico PF mescolato a quello dei Judas Priest, il refrain è estremamente melodico tanto e’ vero che il brano è stato scelto come primo singolo; ottime le trame melodiche tessute dalle tre chitarre ed ottimo il gusto della melodia che da sempre contraddistingue le composizioni di Magnus Karlson & C.
“Bring that noise” è forse una delle tracce più belle del disco, con un Scheepers che sfoggia tutte le sue ottave di estensione vocale, brano melodico e “cattivo” al tempo stesso, ottimo up-tempo che cresce con gli ascolti.
Segue “Deep in the night”, un roccioso mid-tempo, pregevole ma senza infamia e senza lode.
“Cancel Culture” si attesta come la canzone tra le migliori del disco, doppia cassa sparata a folle velocita’ (tra i brani piu’ veloci che compongono il disco) dove anche qui Ralf raggiunge vette elevatissime, il refrain carico di pathos rimanda ai fasti di “Nuclear Fire”, la struttura portante è farcita di tastiere dove “risplendono” gli ottimi soli di chitarra che si avvicendano tra loro.
“Play a song” è un up-tempo scandito da un ritornello molto melodico, brano di pregevole fattura, tra i più interessanti del platter.
Ci tengo ad evidenziare che in tutto il disco il cantato di Ralf privilegia le alte tonalita’, cosa per niente scontata vista l’avanzare dell’età del singer teutonico.
Da qui in poi il disco subisce una “flessione” in termini qualitativi delle composizioni che diventano più scontate rispetto alle precedenti, è il caso di “The world is on fire”, probabile futuro cavallo di battaglia in sede live, ma la traccia non mi ha particolarmente entusiasmato.
Altri brani molto scontati risultano “Steelmeter” e “Raged by pain”, tardemark tipico 100 % PF, ma che nulla aggiungono sino a quanto fatto sino ad oggi dalla band.
Il disco si risolleva un po’ con “Their gods have failed” che viene aperta da una chitarra acustica che fa da preambolo ad un mid-tempo dalle atmosfere nefaste, il refrain è carico di epicità e nella parte centrale il sound si fa più “oscuro”.
E’ il turno della classica ballad dal titolo “Forever”, bellissima e ispirata con le orchestrazioni poste a contorno, Ralf nel finale supera ogni limite umano con i suoi acuti fuori dal normale.
Chiude il disco “Fearless”, roccioso brano di metal melodico il cui ritornello ha davvero un bel tiro.
In linea generale questo “Code red” rappresenta una piccola “involuzione” artistica, un passo indietro rispetto al precedente “Metal Commando” dove spiccavano ottime tracce quali “Along Came the Devil”, “Halo” o la lunghissima suite “Infinity”.
I Primal Fear non tradiscono il loro credo, sono questi nel bene e nel male , prendere o lasciare !!!!
Voto: 7/10
Stefano Gazzola