Ascoltando i brani senza leggere prima le note di Black Widow, mi sono stupito della qualità delle composizioni. L’arcano è stato svelato quando ho appreso che dietro questa operazione c’è una delle migliori menti del metal contemporaneo : Leif Edling, che ha avuto la sua migliore stagione nei Candlemass come bassista , ma che è un punto di assoluto riferimento della scena metal svedese, cui The Crypt appartengono.
L’intro è un suono caldo di xilofono e un accenno di atmosfere dark-horror che saranno sviluppate alla grande nel corso del disco, come nella bellissima “Mistress of fire”, dove il suono cupo e maledetto regala emozioni.
Ci sono passaggi anche anthemici, come il favoloso refrain di “Into the crypt” , uno dei più suggestivi in assoluto di quelli che ho ascoltato nel corso di questo anno, con un grande assolo di chitarra che fa da assoluta corona a un brano che trascina e che la band ha scelto per farsi conoscere appena formati.
La musica proposta dai The Crypt è annoverabile alle migliori espressioni del genere horror metal i cui leader sono certamente i Death SS di Steve Sylvester e Freddy Delirio e il filone è quello. I The Crypt, comunque, non fanno , musica derivata, ma le loro composizioni hanno un grande impatto grazie alla personalità che sprigionano musica e voci e abbiamo capito perchè.
“Metal Priestess” sembra uscita dal songbook dei primi Judas Priest, almeno per lo sviluppo sonoro proposto dalle chitarre, che poi danno vita a un lungo assolo “blackmoriano” di grande livello. Convince la voce di Pepper e anche i cori sono appropriati. Insieme alla cantante ci sono importanti musicisti svedesi come Danne McKenzie alla batteria, Rigorosamente Mortimer al basso, Daverio McKenzie alla chitarra e Floke alle tastiere .
C’è anche una ricerca melodica, che si esprime nella riflessiva ” I love the darkness”, dove ancora un ritornello “catchy” e una chitarra sognante cambiano un pò la direzione dell’album dei The Crypt, giunti alla loro prima opera, dopo avere pubblicato il singolo, il brano eponimo.
I temi, anche da un punto di vista lirico, sono classicamente horror, come testimonia “Cemetery Children”, o come la successiva “Night of the Devil”, brano che ha tratti più accentuatamente hard rock.
Notevole il riff di “Open tge Gates”, che presenta anche alcuni inserti interessanti di chitarra acustica e un organo molto evocativo, in un passaggio che ricorda effettivamente i Candlemass, soprattutto nei passaggi dove si pigia sull’acceleratore.
Il disco è un concept basato su una storia che riguarda una sacerdotessa del metal, ben incarnata da Pepper, il cui elogio funebre pare “Halos”, brano molto drammatico e improntato alla tristezza, così come la conclusiva “Who broke the coffin'” dove questo mood è sottolineato da un violino molto ispirato.
Un disco certamente interessante, che conferma la bontà compositiva di Edling e la qualità esecutiva di una buona band.
Voto: 7,5/10
Massimiliano Paluzzi