Per il nuovo album dei Saxon abbiamo il mixing & mastering completo di Andy Sneap, che ha prodotto l’album assieme al grande Biff Byford. Quindi, le condizioni minime per far uscire formalmente un album con la consueta professionalità ed attualizzazione sono del tutto garantite (e come fu anche per le ultime release, ad esempio, dei Judas Priest). Qui non ci piove. Poi dobbiamo d’obbligo registratre un cambio di formazione in quanto l’axeman storico Paul Quinn si è ritirato dalle scene. La sorpresa, graditissima e clamorosa, è nel sostituto: Brian Tatler, collega dei nostri in seno alla NWOBHM poichè ascia storica dei Diamond Head. Vi anticipo che il grande Tatler si è inserito nella macchina da guerra Saxon perfettamente, sentirete voi stessi il risultato che ne è scaturito fuori lungo l’ascolto di tutto il disco. Ed ora addentriamoci più in profondità nella sostanza artistica dell’album in questione. Con “Hell, Fire And Damnation” i grandissimi Saxon festeggiano ben 45 anni di attività discografica. E nonostante l’età anagrafica dei nostri sia galoppante oltre i settanta, non si sono stancati ancora di realizzare album pregevoli, che permettono loro di portar benissimo la loro età artistica. Soprattutto il mitico “leone” della NWOBHM Biff Byford, la cui espressività, estensione, professionalità e originalità di timbro vocale non scontentano assolutamente ancora oggi. Intendiamoci: “Hell, Fire And Damnation” è sempre composto e suonato sotto l’egida dei classici stilemi/clichè del Puro Heavy Metal Britannico. Non ci troviamo difronte a nulla di originalissimo a tutti i costi. Ma è ben altro che rende il disco vincente. Il ventiquattresimo album dei Saxon risulta godibile dall’inizio alla fine, almeno quanto le ultime prove precedenti “Thunderbolt” e “Carpe Diem”, in virtù di una verve compositivo-esecutiva che ha sempre fatto differenza nei cinque ragazzi originari dello Yorkshire. Ed anche in virtù di un rinnovato interesse sui fatti storici sviscerati nelle liriche, musicate sempre con una certa accortezza nell’uso dei riff metallici , ben cesellati come di consueto nei ritmi potenti e ben congegnati alla narrativa di ogni brano. Addirittura per l’iniziale title-track abbiamo una intro contenente la voce narrante dell’attore britannico (e Cavaliere dell’Order of the British Empire) Brian Blessed. Che valore aggiunto! Del resto, i nostri usano la loro “macchina del tempo metallica” per navigare diverse epoche: come nei mid-tempo ossessivi di “There’s Something in Roswell” e “Madame Guillotine” o nelle atmosfere marcianti ma epiche di “Kubla Khan And The Merchant Of Venice” e “Witches Of Salem” (inutile dirvi quali eventi storici vengono toccati dai testi, perchè sono ben descritti nei titoli dei brani), nelle pigne “Fire And Steel” e “Super Charger” o nei ritmi marziali di “1066” (qui è da specificare: si tratta dell’anno in cui i Sassoni vennero sconfitti nella Battaglia di Hastings). Insomma, i Saxon sono ben consci di essere delle “vecchie glorie”, ma soprattutto delle Glorie, e non si azzardano mai a fare il passo più lungo della gamba, sviscerando il loro Heavy Metal di classe secondo le loro attuali (direi ancora oggi ben levigate e temperate) possibilità. Glory to the Brave!
Voto: 8/10
Alessio Secondini Morelli