Il ritorno degli HammerFall alla loro storica casa discografica (Nuclear Blast), segna un tentativo parzialmente riuscito di rimettere in carreggiata la band svedese, dopo la deludente prova dello scialbo “Hammer of Dawn”.
Perché sostengo “parzialmente” ? Beh, perché il disco è caratterizzato da brani maggiormente ispirati, che sono presenti nella seconda parte del platter, ad altri più scontati e privi di mordente, come era già successo nel disco precedente.
Con “Avenge the Fallen” si notano alcuni miglioramenti, ma non aspettatevi il ritorno alla qualità compositiva degli esordi, siamo sulla scia di album come “Dominion”.
Siamo quindi di fronte ad una band in costante declino?
La risposta è “NI”, nel senso che se la rapportiamo alle recenti uscite discografiche, come ad esempio l’ultimo di Axel Rudi Pell, allora la risposta è NO (visto che non ci sono scandalosi copia – incolla che rendono i brani tutti uguali come quelli composti dal chitarrista tedesco), ma se prendiamo come punto di riferimento i colleghi Stratovarius o Helloween (per citare alcune tra le band più famose, che riescono a rinnovare il loro sound più efficacemente) , allora la risposta è SI’.
Manca quella freschezza compositiva che per il genere proposto non è certamente facile ritrovare.
Non vedo quali elementi di novità potrebbero proporre, se non magari limitare l’uso dei cori epici e battaglieri come quelli presenti nell’opener “Avenge The Fallen”o in “Hail to the King”, che potrebbero fare il verso a brani storici come “Let the Hammer Fall”.
Tutti pezzi caratterizzati da un refrain di notevole impatto in sede live, atto a far cantare il pubblico, ma che alla lunga si rivelano scontati e ripetitivi; d’altra parte, nel bene e nel male, questo è il marchio di fabbrica degli HammerFall, da cui non sembrano intenzionati a distaccarsene.
I momenti migliori dell’album includono sicuramente “Hope Springs Eternal” una ballad carica di emozione e malinconia e “Capture the Dream”, brano che riesce a sorprendere per la sua struttura dinamica, riuscendo ad evolvere da un mid-tempo ad una parte centrale più energica dove la doppia cassa prende il sopravvento.
Tuttavia, il pezzo più convincente è probabilmente “Time Immemorial”, la traccia conclusiva e anche la più lunga del disco visto che sfiora i 6 minuti di durata.
Si apre con un intro di clavicembalo pienamente integrato nel contesto musicale, il minuto iniziale promette atmosfere oscure e inquietanti, che però poi non si concretizzano visto che il brano si muove tra parti più lente e malinconiche alternate ad altre più veloci, riuscendo a spaziare tra l’ up-tempo e la ballad.
Da segnalare la presenza (in tutto il disco) ai cori di Thomas Vikstrom (ex Candlemass e Therion) e di un certo John Bush, ex cantante degli Anthrax e degli Armored Saint e attualmente nei Category 7.
La band sembra insistere su una formula ben collaudata, che funziona bene in sede live ma che, su disco, rischia di risultare prevedibile.
In sintesi, “Avenge the Fallen” non rappresenta il punto più alto della carriera degli Hammerfall, ma neanche il più basso.
Il disco, di onesto power-metal, oscilla tra momenti di “discreta” ispirazione e altri più prevedibili, offrendo comunque una prestazione solida che, pur mancando di freschezza, mantiene una certa coerenza nel loro genere musicale.
Voto: 6,5/10
Stefano Gazzola