Gruppo storico del panorama italiano, che arriva dagli anni 90, si affida a suoni molto curati, risultato di una produzione certamente molto valida, a cura di Matteo Stancioiu.
Nelle undici tracks che compongono “Spread your wings” ci sono molti ambiti diversi. Si parte con “Thunderhead”, un power speed metal old school molto efficace sia nella parte musicale che in quella vocale, con una parte centrale in cui non cambia la parte ritmica ma si prepara il terreno a un competente assolo.
Ci sento qualcosa di Riot, e questo è un complimento, per quanto mi riguarda. La title-track “Spread your wings” continua nel solco della prima traccia, con un coro più epico e avvolgente. La batteria è più aggressiva e cattura l’attenzione, anche con un uso appropriato della doppia cassa, le tastiere ci sono ma sono sfumate, nell’economia complessiva di questo brano.
La band, Davide Dell’Orto: Vocals, Dario Beretta: Guitar Marco Rusconi: Guitar
e Simone Pesenti Gritti: Bass, compresi gli ospiti Daniele Ferru (Drums), Johannes Frykholm (Keyboards), Michael Stavrakakis (Lead Vocals on “Ancestral River”) è certamente rodata e motivata. Il suono anche a livello di produzione è molto definito e pulito.
Altro riff old school metal è al centro di “Knife in the Dark”, brano un po’ scontato nelle linee vocali, arricchito da un organo stile hammond che alla fine fa alzare il pollice in alto. La strumentale “Ode to Polaris” ci riporta verso il power metal di gran classe, con un assolo di basso molto bello, un brano che mi è piaciuto moltissimo.
“A man in black” ha un inizio rarefatto, poi si scatena in un brano vicino ai Maiden specialmente nella cavalcata chitarristica che prelude all’assolo vero e proprio, pur con connotazioni power molto delineate, che lo rendono un brano molto particolare e interessante. “Forged in Fire” è power molto classico, ma ben confezionato, che si esalta quando partono le chitarre, per un assolo composito.
Non manca la ballata e arriva la sofferta “Stand By You”, con chitarra acustica e toni sfumati e non certo banali, compreso la parte solistica che è molto apprezzabile. Un po’ di Maiden riaffiora con l’ottima “Shields of the Brave”, brano dinamico, con una batteria più esposta alla velocità anche in doppia cassa e le chitarre che ricordano un po’ “Flash of the Blade” di Powerslave. Sia chiaro, non si tratta di plagio e comunque il risultato è ottimo, così come il ritmo di “Shields of the Brave” altro pezzo top, con una discreta velocità e un accenno di nuove sonorità, con una grande batteria a servizio della causa e di un impianto sonoro invidiabile. E’ questo un brano che può dare a chi non conosce i Drakkar l’esatta dimensione della cifra tecnica, compositiva e musicale di questo grande gruppo. Un basso insinuante caratterizza un’ altra grande composizione , “Ancestral River”, che presenta dei passaggi prog, essenzialmente di organo e chitarra, tipici dei grandi gruppi italiani e che impreziosiscono ulteriormente il brano che chiude un disco che presenta qualche situazione più scontata, ma anche molti pezzi di grande spessore. I Drakkar fanno certamente parte dell’elite del metallo tricolore e hanno ancora molto da dire.
Voto: 7,5/10
Massimiliano Paluzzi