Dopo una vita passata ad essere il singer di una delle più grandi heavy metal band tedesche il mitico Chris Boltendahl si cimenta per la prima volta con un album solista. Accompagnato da Tobias Kersting (co-writer con Chris) e Lars Schneider (chitarra e basso ed ex Orden Ogan) e Patrick Klose (Iron Savior) alla batteria tira fuori un dischetto divertente, ma che nel bene e nel male non si allontana mai dai cliché del genere. Il sound si sviluppa dal tipico sound Grave Digger entrando in lidi più thrash metal alla Metal Church (come dichiarato dallo stesso Chris). Certo il marchio di fabbrica rimane la sua inconfondibile voce ma a livello strumentale si denotano una freschezza e un groove a volte trascinanti, ma purtroppo appesantiti da soluzioni già lungamente abusate.
Si parte a bomba con la doppietta Title Track/”Fire Angel”, due vere e proprie mazzate nelle gengive. Ritmo altissimo, un basso pulsante e esplosioni di energia. Un ottimo mix di Grave Digger e Iron Savior. Segue la più ritmata ed epica “Beyond The Black Souls” anche se non disdegna accelerate thrash. Si rallenta un poco con “Gods Of Steel”, dall’incedere solenne e qualche reminiscenza Manowar. Ma è solo un momento di flessione, infatti si riprende con la furiosa “Die For For Sins” con la batteria stile elicottero, piacevole ma non troppo originale nel suo evolversi. Ed è un po’ il mood che si riscontra da qui in avanti. Certo nell’anno 2023 non è certamente facile trovare soluzioni nuove che possano spiazzare l’ascoltatore. D’altronde il genere musicale proposto è difficilmente propenso all’inserimento di spunti modernisti, quindi la differenza la fanno le canzoni.
In effetti “Let The Evil Rise” e “Out Of The Ruins” sono due buone songs dotate di un ottimo refrain ma lasciano un po’ il tempo che trovano non possedendo quello spunto che le renda realmente interessanti. “I Am Metal” rimane sulla falsariga. Sebbene il testo sia abbastanza adolescenziale si fa apprezzare per la sezione ritmica granitica, le chitarre urlanti e l’ottimo solo. Basso in bella evidenza in “The Hammer That Kills” in un classico midtempo in puro stile “Kings Of Metal”. Per la seguente “Iron Christ” si può fare lo stesso ragionamento utilizzato per “Beyond The Black Souls”. Anche qui le sfuriate thrash inframezzate dal classico sound Digger rendono bene, ma senza rendere il pezzo memorabile. In chiusura la bonus track “Beds Are Burning” (cover dei Midnight Oil) metallizzata a dovere ma che non aggiunge né toglie niente al valore finale del lavoro.
Comunque vada questo “Reborn In Flames” non sarà certamente ricordato come una delle pietre miliari del genere. Capiamo la voglia da parte di Chris di fare qualcosa di personale al di fuori della band madre, ma forse avrebbe giovato al disco un maggiore distacco dalle sonorità che da ben più di 40 anni lo hanno reso famoso al popolo metallaro. Se siete dei die hard fan dei Grave Digger comprerete senza ombra di dubbio questo “Reborn In Flames”, se non lo siete vi conviene prima indagare sulla loro lunga discografia.
Voto: 6,5/10
Fabrizio Tasso