I Bush continuano sicuri per la loro strada, dopo la reunion del 2011, senza fermarsi. Arrivata alla sua ottava fatica in studio, per altro uscito prima del live di cui abbiamo già fatto recensione su queste pagine. Gavin Rossdale, Deus ex machina che sta dietro a “Bush”, si propone, con gli altri Bush ovviamente, a noi con una nuova veste ovvero pur rimanendo fedele al grunge delle origini aggiunge un filo di elettronica e di risoluzioni sonore odierne in questo “Kingdom”.
Già da un primissimo ascolto troviamo ritornelli ruffiani e di facile memorizzazione; riff di chitarra tutt’altro che morbidi e dei particolari groove di basso che danno il peso alle composizioni, ma pur sempre orecchiabili e non estremamente ostici; come accennato prima si sente un che di elettronica mai invasiva e in alcuni casi parecchio “in punta di piedi”.
Rispetto al precedente lavoro da studio, che arrivò in un periodo difficilino per Rossdale, e come potrete sentire questo nuovo lavoro ha le chitarre che la fanno da padrona con l’aggiunta del nuovo batterista che sostituisce lo storico Robin Goodridge, che ha lasciato la band nel 2019. Il basso è bello saturo e oltre a sentirsi in modo limpido, rende ancora più interessante le proposte con, come già scritto, un groove molto sornione.
Produzioni ovviamente altissime, limpide, ben calibrate e con un appeal che in stile “occhi di camaleonte” guarda contemporaneamente avanti e dietro. Se da un lato certe risoluzioni tecniche e post produttive sono tipiche degli anni d’oro del grunge e della band, dall’altro certi stilemi moderni rendono odierno ed evoluto il risultato finale di questo nuovo album.
La openere “Flowers on a grave”, la title track “Kingdom”, “Ghost in the machine”, “Blood river”, “Crossroads” e “Undone” sono i brani che mi hanno colpito più degli altri. Come sempre fate vostro l’album, ascoltatelo e decidete cosa preferite e quali brani sono i vostri preferiti.
Diciamo che la band con questo lavoro si presenta a noi “bene”, non è certo un capolavoro, ma serenamente è un lavoro da studio molto intenso e variegato. Inoltre per una volta tanto si parla della band, delle canzoni e non certo delle burrascose questioni d’amore di Rossdale. Inoltre Gavin molla un pochino certe melenserie del passato, per occhieggiare alle adolescenti, per delle liriche un pochino più intime e d’analisi.
Concludendo, interessante come lavoro, ma ribadisco, non un capolavoro. Un lavoro dignitoso, maturo e tutto sommato schietto, anche se la mossa radio oriented qua e la si percepisce in modo chiaro. Un ritorno sulle scene con lavoro da studio, ribadisco hanno fatto uscire anche un live, interessante.
Voto: 7.5/10
Alessandro Schümperlin