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Gli Across sono appena tornati con un nuovo album, “Blackout” e portano con se un carico emotivo notevole, che si traduce in brani di grande impatto e potenza. Influenzati nei suoni dall’hardcore, sono però ispirati dalla vita, sia quella della città che ti divora che quella che della provincia, che ti soffoca. Una realtà calabrese capace di dar voce all’esistenza in un profondo Sud a volte frenetico, a volte dannatamente immobile.
Li abbiamo intervistati in esclusiva per Giornale Metal. Buona lettura!
Come ha influenzato la vostra provenienza dalla Calabria lo sviluppo del vostro stile hardcore punk, e in che modo questa identità territoriale emerge nel vostro nuovo album “Blackout”?
Sinceramente non so dirti se la nostra provenienza abbia influito su questo, so per certo che la nostra provenienza, le varie problematiche e tutto il resto ha influito sulle nostre vite e probabilmente anche sul nostro modo di scrivere e suonare l’Hc
Nel vostro nuovo album, “Blackout”, avete scelto di affrontare tematiche sociali più rilevanti rispetto al passato. In che modo le luci e le ombre della vita in città e periferia nella vostra terra di origine hanno plasmato la scrittura dei testi e le vostre prospettive sulla società?
I temi trattati nei nostri testi sono quasi delle fotografie ed in queste fotografie ci sono anche immagini delle periferie della ns città, che con tutte le sue contraddizioni e i suoi poteri malati controllano e plasmano le vite delle persone. Suoniamo Hc per questo motivo, per non uniformarci a questo!
“Blackout” segna un cambiamento rispetto allo stile dell’EP d’esordio, abbracciando sonorità dell’Hardcore Punk anni ’90 e includendo influenze Emocore e Street Punk. Qual è stata la ragione di questa evoluzione musicale, e come avete lavorato per creare un album che sia stratificato ma allo stesso tempo compatto?
Abbiamo lavorato in maniera molto minuziosa sugli arrangiamenti delle musiche e dei testi, sai la musica esce e basta, non abbiamo prefissato nulla, gli ascolti all’interno del gruppo fanno tanto, credo sia colpa o merito dei nostri ascolti il motivo per cui il disco sia uscito così…L’Ep precedente è molto più istintivo, infatti lo abbiamo registrato cinque mesi dopo la nostra formazione. Suona da paura però eh ☺
Nei vostri testi di “Blackout”, affrontate le problematiche quotidiane di chi non intende conformarsi a una società individualista. In che modo il difficile periodo durante il quale è stato scritto l’album ha influenzato la vostra visione del mondo, e come avete trasformato queste esperienze in testi significativi?
Scriviamo di ciò che ci turba, ci da fastidio o ci rattrista, molti dei testi sono nati quasi in sala prove, adottiamo molto questo modo di creare. Stefano è un tipo che si lascia ispirare molto dall’atmosfera del pezzo e su quell’atmosfera ricama il suo testo. C’è da dire che siamo una realtà del Sud e viviamo delle esperienze che sicuramente influiscono anche nella stesura dei testi. La nostra visione del mondo resta sempre positiva, cerchiamo di dare delle immagini però anche delle troppe cose negative che ruotano intorno a questo pianeta!
Il brano “Didascalia” presenta una versione acustica con la partecipazione di Sergio Milani dei Kina. Come è nata questa collaborazione e in che modo il suo contributo ha arricchito il vostro album?
Sergio ed i suoi Kina sono una delle band che più ci ha influenzato ed ispirato, aver avuto Sergio che reinterpreta un nostro brano è veramente un grande onore ed una cosa che ci riempie di gioia. Luca il nostro chitarrista era in contatto con Sergio da tempo e credo sia venuto quasi naturale chiedergli se volesse darci una mano. Lui è stato strafelice,è un nostro fan della prima ora, per cui Luca è andato ad Aosta ed in una notte è rinata Didascalia…..
Con “Blackout”, avete l’obiettivo di portare nuovamente la Calabria sulla mappa della scena hardcore punk italiana. Come avete affrontato le sfide legate al circuito underground e Do It Yourself, e qual è stata l’importanza di collaborare con Duff Records e altre realtà affini per la pubblicazione di questo album?
In realtà il nostro obiettivo è di fare ciò che ci piace, con la gente che la pensa come noi. La nostra provenienza se da un lato può essere un piccolo ostacolo dovuto alla lontananza rispetto a tante realtà che da noi un po mancano, dall’altro ci spinge a premere l’acceleratore su tante cose. Siamo un gruppo DIY al cento per cento e grazie alle realtà come la Duff Records, ma tante altre, riesce a far uscire ancora dischi. Il nostro ultimo lavoro è frutto della collaborazione tra noi e nove etichette dislocate su tutto il territorio, che ringraziamo per la loro fiducia.
Domanda per i “gear nerd”. Quali pedalini e quali strumenti e amplicatori sono fondamentali per ottenere il sound degli Across per come è stato catturato su “Blackout”?
Questa è una bella domanda, in quanto non siamo molto dentro i tecnicismi del caso, dobbiamo ringraziare Totonno del Duff studio che ha plasmato i suoni sul disco e ci ha dato consigli su tante cose, che hanno reso questo lavoro molto professionale. In linea di massima abbiamo usato cassa e testa, senza pedalini, una distorsione più carica ed una meno carica, per differenziare le chitarre, che sono ricche di arrangiamenti e riff.
Cosa farete ora che “Blackout” è uscito? Ci sono in programma altre date oltre a quelle da poco affrontate?
Cercheremo di fare più date possibili, incastrando il tutto con le nostre vite ed i nostri impegni. Ci piace un sacco fare concerti e conoscere persone come noi. E’ una specie di legame che non hai con nessun altro. Poi partire con i tuoi amici è un po il modo di staccare dalla routine quotidiana ed è anche il modo di confrontarsi con realtà che non sono la tua, di una piccola Città di provincia.
Grazie mille per lo spazio, siamo qua anche grazie a voi!