Se la Bibbia indiscussa di una certa espressione musicale, ovvero la rivista britannica Prog che viene edita anche in Italia, ha da tempo sdoganato addirittura il black metal se questo riporta delle aperture progressive, ad esempio dando largo credito e spazio agli Emperor, tanto per citare un nome, non vedo come “Something to Pierce” dei Sadist non debba essere osannato da quella stampa per meriti superiori, in ambito prog.
Infatti il gruppo genovese, continuando il suo percorso molto personale, ha realizzato un disco che di riferimenti al prog ne ha moltissimi, praticamente in ogni brano. Una proposta musicale molto fluida, assolutamente non forzata, che avvolge e rapisce l’ascoltatore, che a ogni passaggio avverte nuove vibrazioni, nuovi suoni, atmosfere diverse, come se il disco avesse una vita e uno sviluppo tutto suo e si modificasse autonomamente.
Infatti, dopo diversi ascolti molto approfonditi, si trovano sempre nuovi riferimenti, nuovi passaggi, per un death prog di assoluto livello e di una caleidoscopica vena compositiva che fa invidia alla stragrande maggioranza dei gruppi che vanno anche per la maggiore.
Anima e perno di questo complesso ingranaggio è il chitarrista e tastierista della band dei Sadist è Tommy Talamanca, di cui è fondatore fino dal 1991. Insieme a lui lo storico screamer Trevor Nadir, personaggio carismatico live e molto aggressivo su disco. Insieme a loro due, ci sono Davide Piccolo alla batteria e Giorgio Piva al basso, una sezione ritmica assolutamente entusiasmante, per potenza, precisione, ma anche per fantasia esecutiva. C’è anche la cantante Gloria Rossi, che potrebbe, a mio avviso, essere maggiormente coinvolta nei brani del gruppo. Dove lo è, come in “No Fest for Flies” porta un valore aggiunto come controcanto che arricchisce di tensione e teatralità la musica.
Con questo non voglio certo dire che Trevor sia una componente negativa. La sua voce potente è un marchio di fabbrica eccezionale, ma alla lunga tende a uniformare i brani, che avrebbero ancora più tiro con una alternanza vocale più spiccata.
Per il resto c’è poco da dire, “Something to Pierce” è certamente un capolavoro di ricerca e di dissonanze creative, di potenza sonora e di soavità prog al limite della new age in certi passaggi, che si intrecciano in una modalità complessa e molto dinamica, che stupisce a ogni ascolto, come nella bellissima “Deprived”, a mio parere il brano più emozionante, grazie anche a una straordinaria linea chitarristica.
Ci sono i bonghi in “Best part is the brain” , oppure una sovrastruttura orientaleggiante, fatta di percussioni e fiati, in “Nove Strade” che, mi si perdonerà l’audacia, pare una rilettura intensa e appassionata di uno dei brani di Franco Battiato più belli e culturalmente impegnati, “Strade dell’Est”. Un pezzo comunque potente e puramente death che non lascia spazio a puntualizzazioni di diversa natura.
Il disco è altamente consigliato, ci sono tutti gli elementi per attrarre l’ascoltatore, non ci sono riempitivi, si capisce che la ricerca sonora ha generato una serie di brani di alta caratura, che celebrano ancora una volta questa band che merita di stare nell’olimpo del metal italiano e non solo per la sua qualità e apertura mentale. Mi auguro che Prog celebri come deve questa opera e la inserisca nelle situazioni migliori dell’annata in corso, come ha fatto per altre band, sdoganandole completamente.
Voto: 8/10
Massimiliano Paluzzi
















