Formatosi attorno all’anno 2017 in Bielorussia e dopo aver dato alle stampe due EP, i Khandra si presentano a noi con un lavoro sulla lunga distanza tramite season of mist e la Underground Activists (divisione della season of mist).
Partendo dalla copertina, molto bella e carica di pathos, per poi entrare negli oltre quaranta minuti di musica il tutto è ben strutturato e ben presentato. MA c’è un ma…
Non sono i rallentati, forse, non sono i midtempo tipici di certe produzioni black metal dell’est, ma è il fatto, forse, che non resta molto all’ascoltatore alla lunga in testa.
Sia chiaro, è un buon lavoro, si fa ascoltare e con piacere, ma finito di ascoltare, non resta nulla.
I Khandra non sono né privi di idee e neppure privi di emozioni: queste ultime arrivano, come rasoiate in faccia e le prime si sentono, ma pare che il tutto sia “ovattato”. Nel senso che pare che non abbiano ancora esposto tutto quello che loro potrebbero dare; potrebbero trovarsi perfettamente in situazioni più “estreme” e più esasperate.
Strutture interessanti nel complessivo(anche se si percepiscono schemi ripetitivi delle composizioni in tutto i brani, intro escluso), come ho già scritto, parecchi mid tempo e rallentati, poi scatti di rabbia con blastbeat.
Interessante il fatto che le tematiche sono incentrate su ciò che accade attorno. Spesso il mondo, così com’è ora, è peggio di quello che si potrebbe immaginare, e leggere, nelle peggiori immaginazioni dantesche.
Scelte da mixer in linea con ciò che ci si aspetta da una band black metal (mi sarei però atteso un minimo di “punta” in meno sul rullante, che risulta “secchino”), forse questa è un’altra delle variabili che fa perdere un pochino di appeal, con rimandi verso i Mgla su tutti. Palese il fatto che le chitarre fanno da padrone in tutti il platter di sei pezzi più uno. Scrivo sei pezzi più uno, nel senso che il primo pezzo, che segnano come strumentale mi da l’impressione di essere un intro leggermente allungato.
“Thanatos”, la titletrack “All occupied by sole death” e “In harvest against the sun” sono i brani che forse lasciano un pochino di più rispetto al resto. Fatevi un ascolto vostro e decidete quali sono i brani che preferite di questo esordio.
L’esordio dei bielorussi è con ombre e luci.
Buono il fatto che siano approdati alla season of mist, buona l’idea di fondo del concept che la band ha proposto. Ma come ho detto alcune scelte e di campo e di composizione non sono ottimali, ma si perdona per il fatto che è un esordio.
Speriamo che con il prossimo lavoro la band possa andare un pochino oltre e che dia sfogo alle idee più primordiali e meno “studiate”.
VOTO: 6.5/10
Alessandro Schümperlin