Nuovo album per gli Edenbridge, la “longeva” female metal band austriaca ormai presente sulle scene del “symphonic metal” da oltre un ventennio.
La direzione artistica di “The Road To Shangri-La” non si discosta molto dalle precedenti produzioni, anche se riesce ad essere qualitativamente migliore, per lo meno se confrontata con i dischi “sfornati” dalla band negli ultimi quindici anni.
Il disco e’ ottimamente prodotto e ben suonato, anche se la voce della Edelsbacher sembra perdere qualche colpo rispetto al passato, visto che canta su registri leggermente piu’ bassi del consueto; aspetto che risulta del tutto trascurabile nell’economia generale delle composizioni.
“At First Light” e’ l’inizio che non ti aspetti, traccia in stile marcatamente “prog”: i primi secondi potrebbero spiazzare l’ascoltatore, ma queste “perplessita’” su un’ ipotetica nuova direzione musicale intrapresa, vengono fugate via velocemente.
Il brano e’ un bellissimo sunto di “symphonic-power metal” in pieno stile Edenbridge, lungo (8 minuti) ed articolato, dove questi sprazzi “prog” possiamo trovarli ripetuti piu’ volte (nel solo centrale e nella parte finale del brano); nel suo complesso ha il pregio di riuscire a suonare “fresco” e fuori dagli schemi tipici del “symphonic-power metal”.
Altra traccia “fresca” e’ “The Call Of Eden “, melodic metal che si intreccia con l’hard rock piu’ radiofonico; mentre in “Hall Of Shame” sembra di sentire i Vision Divine di “Destination set to nowhere”, sia per il “mood” generale che per il guitar work e per l’incedere delle tastiere.
Riflessiva e malinconica risulta essere “Savage Land”, traccia a tratti mistica, ricca di strumenti a fiato ed accompagnata da belle trame di chitarra acustica.
“Somewhere Else But Here” e’ il brano piu’ vicino alle tipiche produzioni targate Edenbridge, esaltata da uno splendido solo di chitarra carico di espressivita’ .
In “Freedom Is A Roof Made Of Stars” trovano spazio ritmiche piu’ serrate, per un riff iniziale che possiamo definire “pseudo trash”: e’ un up-tempo che a tratti diventa un brano “speed-metal” dal ritornello arioso. Le orchestrazioni presenti, hanno delle sonorita’ che rimandano a quelle dei –loro colleghi- Nightwish.
Non tutte le ciambelle escono con il buco, infatti “Arcadia (The Great Escape)” e’ la canzone con meno mordente di tutto il lotto, scialba e scarsamente ispirata.
In “The Road To Shangri-La” non potevano certamente mancare le atmosfere orientali, la traccia si apre con il suono del sitar e si incanala su melodie tipicamente “Edenbridge”, il cui ritornello risulta un po’ troppo scontato e “sdolcinato”.
E’ il momento della suite “The Bonding (Pt.2)”, la traccia piu’ lunga del disco (con i suoi 16 minuti di durata) dove si raggiunge l’apice compositivo e qualitativo. Come per la traccia posta in apertura del disco, anche questa ha un inizio tipicamente “prog”, poi i ritmi salgono vorticosamente e si trasforma in una symphonic-power song di tutto rispetto.
“The Bonding (Pt.2)” vede la partecipazione di Erik Martensson (Eclipse, W.e.t.) come seconda voce maschile; e’ un brano che presenta mille sfaccettature, una sorta di canzone nella canzone, dove verso la sua meta’ si abbandonano i lidi “power” per lasciare spazio a sonorita’ maggiormente riflessive e spirituali, anche grazie al bellissimo duetto tra i due singer.
La traccia viene portata avanti un po’ per le lunghe risultando prolissa (ha il sapore di una minestra allungata forzatamente), forse 4-5 minuti in meno sarebbero stati propedeutici per ottenere lo stesso (ottimo) risultato finale.
Non posso considerare gli Edenbridge come una delle mie band (con voce femminile) preferite, ma e’ innegabile la qualita’ compositiva che da sempre caratterizza le produzioni di Lanvall & C.
Nel complesso “Shangri-La” e’ un disco molto buono, forse meno diretto dei precedenti ma qualitativamente migliore.
Voto: 7/10
Stefano Gazzola