di Salvatore Mazzarella
Ci sono bands che ti piacciono e ci sono quelle che ancor di più ammiri. Ci sono i dischi della vita, quelli che porteresti su un’isola per intenderci. Ci sono artisti per i quali le sensazioni fin qui enunciate vengono sublimate da un termine ben preciso: stima, che è quella che personalmente rivolgo a Freddy Delirio!!! Tastierista, coproduttore e colonna portante del sound dei Death SS, Freddy è un musicista tecnicamente eccelso, un compositore sopraffino, un produttore ed ingegnere del suono tra i più preparati in Italia (docente Jam Academy). Dottore in filosofia, è persona di spessore fuori dal comune. Basti leggere la chiacchierata che abbiamo fatto per celebrare l’uscita del nuovo e magnifico disco, dal titolo Platinum, del suo project personale che ormai è una vera è propria band, i Delirio And The Phantoms. Tra dettagli tecnici e riflessioni estremamente profonde, con lui ogni intervista è occasione di arricchimento. A voi l’attenzione!!!
Può sembrare scontata come prima domanda ma ogni album ha una storia diversa, per cui la ritengo sempre necessaria… Ti chiedo di parlare della genesi di Platinum, del suo iter creativo dalla composizione alla realizzazione fisica vera e propria.
Platinum ha una genesi particolare. Inizialmente avevamo alcune canzoni, tra cui la stessa “Platinum” e “On the Threshold”, a cui stavamo lavorando da tempo. Una prima versione di “Platinum” era uscita in un disco split (Black Widow Records) con il noto artista norvegese Mortiis (ex Emperor).
Chris crea continuamente riff e canzoni capaci di colpirti dal primo istante tanto che ogni volta gli chiedo: “ma questo brano così bello di chi è?”. E ogni volta ricevo la solita risposta: “una mia idea”. Quindi sviluppare un intero disco è un attimo, quando hai una base di partenza, creare una melodia e una canzone, è veramente veloce. Il colosso Self Distribuzione-Fuel Records, come un fulmine a ciel sereno, mi ha proposto di realizzare un intero album e noi ci siamo messi subito all’opera. In pochi giorni abbiamo scritto l’intero disco. Sembrava che ogni canzone fosse un tassello mancante che serviva all’altro per completare un’intera opera. I testi stessi riflettono un mood ben preciso e si legano in modo naturale. Tutto è avvenuto perché evidentemente doveva accadere.
Su Platinum il clou è la presenza di tuo figlio, che ti ha supportato in ogni fase della sua creazione, componendo e suonando principalmente la batteria ed anche le tastiere. Me lo ricordo il piccolo Chris nei tuoi post entusiastici durante il periodo di buio della pandemia. Ora è cresciuto!!! E la sua presenza è stata un raggio di luce!!!
E’ la mia vita. Da padre mi commuovo ogni volta a vederlo mentre cresce e si realizza in tutto. È un ragazzo molto attento e preciso in quello che fà, ha delle grandi capacità. Non voglio fare il classico genitore che elogia il proprio figlio, i suoi risultati parlano da soli, e si merita quello che sto dicendo e i complimenti che riceve in ambito musicale e scolastico. È estremamente determinato e ormai le canzoni le concepiamo insieme, chiedo spesso consiglio a lui su molte cose. È giovane, ha l’orecchio fresco e la voglia di creare, è linfa vitale allo stato puro, quindi è giusto chiedergli sempre la sua opinione, più libera e meno condizionata, più autentica rispetto alle orecchie di una persona adulta, si esperta, ma magari meno lucida. È un polistrumentista e sta lavorando molto anche anche alla chitarra e sulla sua voce. Stiamo curando anche fasi di produzione mix e mastering insieme in studio da almeno tre mesi ormai. Anche per quanto riguarda il live, stiamo collaborando sempre in modo molto professionale su click con le proiezioni video durante le prove per i nostri concerti. Da piccolo prometteva bene come batterista, andava a tempo e aveva un gran tiro ma ha superato le aspettative!
Come ho detto in sede di recensione, Phantoms è un “affare di famiglia” ma questa volta la line up è ben assestata attorno voi due e due prestigiosi musicisti come Paolo Oliveri alle chitarre (autore anche di una serie di splendidi assoli) e Alessandro Lupo al basso. Ce li puoi presentare?
Certamente, il clima che si respira in questo gruppo è molto sereno. Lavoriamo bene insieme e entrambi i musicisti, che vengono da esperienze metal classiche, con diverse band, ma anche più estreme sia a livello discografico che live, hanno da subito dato il loro contributo ai brani tramite la loro personalità. Oltretutto entrambi sono ex musicisti dei Diluve, band che ha registrato in passato, tra l’altro, nel mio studio. Alessandro con il suo sound metal classico a tratti maideniano, e Paolo con il suo suono enorme, detunato, moderno, potente e allo stesso tempo melodico e raffinato, in grado di dare quel tocco sempre allineato all’atmosfera del brano di riferimento anche quando ci muoviamo su terreni d’avanguardia.
Laddove The Cross era molto caleidoscopico nelle composizioni e zeppo di riferimenti alla musica dei seventies e degli eighties, Platinum è più omogeneo, granitico… Più metal insomma!!! Sei d’accordo?
Sicuramente Platinum ha la sua spinta verso un andamento più metal anche se credo che il nostro genere sia difficile da definire, è un sound molto personale, cangiante ma unito da un filo conduttore, i brani sono sempre diversi eppure tutto scorre passando dai momenti atmosferici sino a quelli più granitici.
Viaggi ancestrali, civiltà antiche, passaggi dimensionali… I testi dell’album possono sembrare legati al mondo del “fantastico”. Ed invece, chiacchierando, mi hai detto che sono molto più legati al mondo reale di quel che possa sembrare…
Esatto. Hai colto il punto. Sono esperienze di vita vissuta, esperienze che sento dentro, talvolta qualche vita precedente…, come fosse un vivo ricordo, che scolletta in modo prepotente e si fa sentire. Riflessioni, come fossimo anime quasi eterne che prendono atto di quello che è stato e lo sentono sulla propria pelle e utilizzano proprio le esperienze per migliorarsi, andando sempre in avanti. Questi fantasmi giocano molto con certi argomenti storici e con il patrimonio lasciatoci da alcuni avi, laddove bisogna sempre recuperare tutto ciò che resta di buono da ogni periodo e non ripetere errori fatti in passato. Solo così si può vivere con consapevolezza e trasformare le informazioni in cultura, altrimenti il “gioco” della vita non serve a nulla.
Platinum, in particolare, parla di un’anima al momento del trapasso ed ha un significato molto profondo per te. Non mi permetto e non voglio ledere la tua sfera personale, ma ti chiedo di spiegare ai lettori come lo immagini questo momento.
È un elemento chimico curativo che entra in un corpo purtroppo vicino agli ultimi giorni. È un tentativo disperato di poter ristabilire un equilibrio, quell’equilibrio che nella sfera della trasformazione naturale, vede una serie di reazioni causa effetto in un tempo che sembra infinito, mentre nei corpi umani pare che sia un’esperienza relativamente veloce e a tempo. Ma niente muore e tutto si trasforma. Da questo viaggio virtuale all’interno di un corpo, c’è il dolore mesto dell’accettazione del male ma anche il momento del trapasso che sublima e riazzera tutto, persino facendo morire il male stesso. L’anima si rinnova per una nuova vita. E quello che è importante è che il DNA di chi ha vissuto resta all’interno delle vite generate come un patrimonio da ascoltare e rispettare.
Sei dottore in filosofia e sei persona molto spirituale e riflessiva. E sicuramente con alle spalle un bagaglio bello grosso di esperienze di vita. In cosa crede oggi l’uomo Federico Pedichini?
Per prima cosa ti ringrazio per questa bella presentazione. Si, sono molto spirituale ma anche molto con i piedi per terra. Credo di avere avuto le mie intuizioni in alcuni momenti speciali, di aver sentito e colto alcune cose ma vivo in modo molto terreno e pratico. Credo in un ordine che purtroppo è venuto a mancare nel mondo, credo nel voler capire gli oggetti, scorgere la complessità che si cela dietro ad ogni cosa. Bisogna avere la responsabilità nella scelta di usare le cose. Dietro al “prodotto finito” nell’era consumistica possono celarsi realtà folli che l’utente finale non vede. Dobbiamo vedere, farci domande, fare le scelte, la vita non può sceglierci, noi dobbiamo scegliere. Per questo ascolto molto il passato per pormi meglio nel futuro altrimenti il presente sarebbe casuale e vissuto nell’inconsapevolezza.
Tornando all’aspetto musicale, mi stupisce il modo in cui riesci a far comprendere all’ascoltatore quali sono i tuoi riferimenti musicali, pur rielaborandoli in modo del tutto originale. E in Platinum aleggia un po qui ed un po’ lì lo spirito dei Pink Floyd…
Assolutamente. Hai centrato perfettamente anche questo aspetto. Si, non nascondo certo il mio amore smodato per i Pink Floyd. Da sempre non riesco a considerarli neanche una band ma dei geni visionari, degli “alieni”, degli Dei, che sono stati capaci di toccare atmosfere e dimensioni uniche. Faccio tesoro di tutto ciò che mi colpisce e indirettamente, evidentemente, come ognuno ha avuto i propri musicisti ispiratori, emergono suoni e sequenze di note inconsciamente, appunto ispirate.
Sei un virtuoso delle tastiere, ma in alcune partiture si sente la tua ammirazione per la figura di Rick Wright, forse il più silenzioso dei quattro ma proprio per questo artista estremamente affascinante. Il sound della band, secondo me, era in gran parte prodotto dalle sue mani. Cosa ne pensi?
Le sue mani hanno creato il sound introspettivo, sospeso, fortemente legato all’inconscio, tipico di quella band. La sua mancanza ha visto sparire da questo pianeta uno dei musicisti più creativi e atmosferici mai esistiti. Le sue note resteranno, per sempre, un’esperienza invasiva e magica per ogni ascoltatore.
Torniamo a parlare della title track ma questa volta a livello musicale. E’ una splendida suite dove hai svolto un lavoro magistrale con le tue tastiere. Guest star un grande Lucky Balsamo, già mattatore su The Cross, con un magnifico assolo di chitarra… Ora mi devi svelare il segreto: come “cappero” siete riusciti a riprodurre perfettamente il suono della chitarra di David Gilmour !!!
Ah beh! Hai colto pure qua, un aspetto non da poco, hai colto proprio tutto! Grazie davvero per le tue domande e sensazioni cosi peculiari.
Si, se all’inizio partono i sequencer e i synth fortemente marziali con le chitarre taglienti come in una marcia, in quel momento di esplosione, ipnotico, dopo i soli di synth e con le “sirene” e i suoni psichedelici che si sentono in sottofondo, non poteva che esserci un solo all Gilmour che risolvesse il tutto per tornare ai riff iniziali. Su quel suono ha lavorato molto Lucky e successivamente io in fase di mix. È stata una sfida per niente facile, ma il risultato è davvero miracoloso.
Ben quattro sono le bonus track! Quattro cover in cui vi siete divertiti alla grande. La prima, eclatante, è Free Man, brano simbolo della NWOBHM dei mitici Angel Witch e curiosamente già title track del primo lavoro solista di Steve Sylvester. E’ una coincidenza? Sono presenti inoltre, oltre al tuo fraterno amico Francesco Noli alla batteria, due ospiti prestigiosi… Kevin Riddles, bassista proprio degli Angel Witch e David Smith, mitico chitarrista dei Gypsy’s Kiss, la prima band di Steve Harris…Racconta, racconta !!!
Free Man è un brano che ci ha coinvolto in modo davvero profondo. Inizialmente avevamo optato per la cover Sorceress che reputavo perfetta per il nostro sound. Francesco Noli, in questa canzone ospite alla batteria, era in contatto da tempo con il bassista originario degli Angel Witch, Kevin Riddles e gli propose di partecipare a questa cover. Kevin da subito propose di fare Free Man preferendola all’altro brano. A quel punto, presa la decisione da parte dello stesso membro originario, accettammo di buon grado di seguire quella strada. David Smith dei Gypsy’s Kiss, nel mentre, aderì con entusiasmo a questo progetto. Chris Delirio, che in questo caso è passato dalla batteria alla chitarra, realizzò subito le ritmiche del brano e io cercai di dare un sound più moderno con le tastiere e cercai anche di attenermi il più possibile alle parti vocali originali. Toccare quei brani è sempre molto pericoloso soprattutto per l’interpretazione. Per fortuna ho avuto da subito i complimenti da parte di questi grandi musicisti inglesi che ho visto entusiasti nel condividere anche tramite gli stessi canali social, il video di Free Man. Sono soddisfazioni.
Pick Up The Bones, da Brutal Planet di Alice Cooper, Pipeline degli Alan Parsons Project. Genesi della loro scelta…
Gli artisti di riferimento mi furono suggeriti inizialmente da Massimo Gasperini che ben conosceva i miei gusti musicali suggerendomi di fare una cover relativa ad ogni artista. Avevo a disposizione un’ampia gamma di canzoni e a parte il caso Free Man scelta dallo stesso Kevin, per le altre ho valutato proprio i brani che più mi hanno toccato durante il tempo. PIck Up the Bones l’ho adorata da subito e sta troppo bene con il sound dei Phantoms, Pipeline era la colonna sonora dei viaggi miei e di Chris quando era piccolo. Nella stessa Angel degli H.A.R.E.M. che ho scritto per Chris e in cui ha suonato Reb Beach degli Whitesnake (altra bellissima collaborazione che ricordo con entusiasmo), cito la frase “Alien and Pipeline” riferendomi al brano “Alien” degli stessi H.A.R.E.M. che avevo scritto nel disco precedente e che Christian ascoltava sempre da piccolo e la stessa Pipeline che insieme a Mammagamma e altri brani degli Alan Parsons hanno caratterizzato gli ascolti di un giovanissimo Christian che poi si ritrovò a cantare in tedesco a sette anni un’infinità dei brani dei Rammstein! Ecco le sue basi… Pink Floyd, Alan Parsons, Van Halen poi Rammstein e ora adora le sonorità estreme nord europee e allo stesso tempo non potevano mancare i Dream Theater, che ama e di cui studia, alla chitarra, molti brani ogni giorno.
E… Niente… Era tempo che volevo sentirti così scatenato alle tastiere… Hai celebrato i cinquant’anni di quel capolavoro di Rick Wackeman che è The Six Wives of Henry VIII col brano Anne Of Cleves. Lo stesso nome, Rick !!! Ma l’esatto opposto dell’architetto sonoro dei Floyd, Wakeman è il virtuoso per eccellenza…
Ho scoperto quel disco grazie al mio maestro di pianoforte dell’epoca, il grande Bottaini. Un disco strepitoso e geniale. Come sono geniali i Pink Floyd. Si, quell’album è difficilissimo e “insuonabile”. Ma perché sono forse “suonabili” i brani dei Pink Floyd? Si rischia di violare la loro grazia unica. Sono generi diversi ma difficilissimi in entrambi i casi. Wakeman è super tecnico ma ha anche un gusto e un tocco sopraffino. Stiamo parlando di un genio dei tempi moderni, padre indiscusso, con quel capolavoro, della musica progressiva dove ha fuso, classicismi, potenza, delicatezza, sospensioni e atmosfere straordinarie. Si c’è tecnica ai massimi livelli ma è a servizio della melodia e della composizione. Nei Pink Floyd, non ci sono quei tecnicismi ma con le loro mani e il loro tocco ci sono solo loro. Insomma, sono ambiti entrambi pericolosi da coverizzare, in questo caso è stato un nostro umile omaggio.
Su YouTube sono presenti un bel po di videoclip professionali che accompagnano i brani dell’album. Vorrei sottolineare questa cosa, perché è la dimostrazione che Platinum è un lavoro in cui credi molto e sul quale stai investendo cospicuamente.
Quei video li abbiamo realizzati da soli ogni tot mesi mentre stavamo preparando i brani che poi sarebbero finiti su disco. È stata un’esperienza divertente e piena di aneddoti ogni volta, sicuramente il giusto riconoscimento ai brani in cui abbiamo creduto sin da subito. Attraverso i video ho cercato, anche in post produzione, di riprodurre la giusta atmosfera e collocazione in linea con il significato di ogni canzone.
Cosi come immagino che anche l’ FP Recording Studio, il tuo studio, si sia ulteriormente arricchito di qualche nuova diavoleria…
Assolutamente, questo studio è sempre in crescita ed io con lui. Abbiamo a che fare con tecnologie sempre nuove, i sistemi Pro Tools odierni sono evoluti e straordinari per una infinità di cose ma adoro utilizzare anche macchine fisiche vintage che suonano sempre meglio del mondo digitale cercando in qualche modo far dialogare questi due diversi ambienti. Poi abbiamo realtà bizzarre, la Delirio’s Haunted House riserva sempre qualche aneddoto e sorpresa anche quando si ha a che fare con la tecnologia e il modo elettrico/elettronico… talvolta da diventarci pazzi. Questo disco è stato un’esperienza stranissima a livello tecnico…… ehm… io ci ruzzo con il concetto dei fantasmi che sono metaforicamente la somma delle vite di ogni persona intesa anche appunto come patrimonio genetico, senza andare troppo su atmosfere spettrali, ma… qualcosa di strano qua c’è via via, ecco… (risate)
Sarebbe bello vedervi Live!!! Notizie in questo senso ?
Certamente, mentre sto scrivendo questa intervista siamo a pochi giorni dal concerto che ci vedrà headliner in Germania all’Eber-Hart Festival, un bel riconoscimento per noi. Questo disco è piaciuto molto agli organizzatori e la stessa stampa del posto lo ha ben presentato in occasione delle news sul festival di quest’anno.
Freddy, sai quanto sia un’emozione e un onore parlare con te. Un regalo che mi fai e mi faccio ad ogni tua mossa artistica !!! Chiudi con le tue parole…
Salvatore, sei riuscito a cogliere tutti gli aspetti più profondi e delicati legati a questo disco, e la stessa cosa la hai fatta anche con i miei lavori precedenti. Mi è piaciuto davvero dialogare con te. Per me è un grande onore incontrare nel cammino persone come te, così attente ai dettagli, e a porre domande sempre capaci di suscitare ragionamenti complessi e profondi. In questo periodo storico così approssimativo e disordinato, poter comunicare in modo autentico e peculiare con chi è dotato di forte sensibilità, è ogni volta un dono. Ti ringrazio davvero di cuore.