Pride & Joy Music sta ripercorrendo i passi della nostrana Frontiers, rivolgendosi a un segmento di mercato ben definito, ovvero l’hard rock melodico e facendo crescere elementi ormai organici alla etichetta, grazie a una serie di collaborazioni importanti che sviluppano la loro qualità, specialmente in ambito compositivo.
E’ il caso di Markus Pfeffer, che dopo avere dato vita a progetti molto simili, come Barnabas Sky e Lazarus Dream, votati a un hard rock melodico di derivazione europea, allarga un po’ la sua dimensione artistica con Atlantis Drive, grazie alla collaborazione di uno dei cantanti più influenti di un certo class metal come quello proposto con Malmsteen e Ring Of Fire, oltre a tante altre altre collaborazioni diffuse ovunque.
Infatti lo schema riprende una parte del lavoro con Barnabas Sky, dove Pfeffer ha affidato a ogni brano una voce diversa, di quelle importanti. Qui la collaborazione è unica, appunto con Marc Boals e ne viene fuori un disco più omogeneo e anche bene strutturato. Una evidente evoluzione, perché un conto è cantare un brano e un altro discorso realizzare un disco che non rimarrà nella storia, ma che si fa ascoltare con piacere, anche se, alla lunga, risente di una certa piattezza dei brani, che risultano esercizi strumentali senza particolari idee innovative.
La musica di riferimento di questo esordio è quell’hard rock melodico ma aspro, ruvido, che rimanda a un classico del genere come Forget the Rain dei Shotgun Symphony oppure altri gruppi come Tall Stories e via dicendo, che un brano come la conclusiva “Heroes”, che supera gli 8 minuti, rappresenta perfettamente.
Accompagnano Pfeffer e Boals due musicisti di ottimo livello, come il tastierista Jorris Guilbaud (Devoid, Heart Line) e il batterista Markus Kullmann (Glenn Hughes, Sinner, Voodoo Circle).
“Faith” è un esempio del fatto che le composizioni sono generalmente valide, ma manca l’hit che possa trainare il disco oltre una ristretta cerchia di appassionati. “Time” è dominata dalle tastiere stile Houston, mentre ”Farewell to a friend” è una ballata decisamente malinconica, dove la voce di Boals diventa ulteriormente evocativa, su un tappeto sonoro semiacustico e con un pianoforte in evidenza. “Way back when” è un brano piuttosto trascinante, mentre “Medusa Smile” per ritmo e linee vocali è probabilmente il brano migliore del lotto.
Per sfondare, viste le miriadi di uscite che ci sono, almeno a livello compositivo, c’è bisogno di qualcosa di più.
Voto: 6,5/10
Massimiliano Paluzzi