Corey Taylor, evidentemente, ha bisogno di fare parecchie più cose che “solo” essere il cantante degli Slipknot e dopo aver accantonato gli Stone Sour è arrivato con un secondo album solista e sinceramente se “il buongiorno si vede dal mattino” abbiamo un problema.
Copertina non particolarmente bella e se vogliamo un pochino scialba, a cui si aggiunge un titolo di poca incisività(quest’album si chiama “CMF2” ed il precedente si chiamava “CMFT”) il che fa presagire “nubi all’orizzonte”, ma come sempre non fermiamoci all’apparenza, partiamo con l’ascolto.
L’ascolto parte e ci troviamo di fronte a tredici tracce che sono una versione parecchio edulcorata di quello che è il “solito” Taylor fuori dagli Slipknot propone.
Troviamo brani più o meno vicini ai vecchi lavori e più o meno vicini a momenti quasi acustici dello stesso Corey che talvolta ha fatto in passato, e probabilmente farà anche in futuro… non si sa mai. Resto parecchio spaziato dalla scelta delle tracce e dalla scelta stilistica, perché passiamo appunto a brani che potremmo dire esser vicina Stone Sour e Slipknot a brani quasi country e altri pop rock.
Un male o un bene? Non lo so, resto parecchio in bilico, e non me la sento di contestare la scelta artistica, sarebbe poco “urbano”; di certo destabilizza passare da una canzone metal a una country per passare ad una traccia rock stile anni ’80 così… “debbbotto!”; quello che posso notare e che mi fa storcere il naso è che le scelte di “campo” per questo album hanno un retrogusto di materiale “radio catchy”, quindi brani parecchio ruffiani e puntati al raccogliere un consenso emotivo immediato, ma che sulla lunga distanza si perderanno. Forse è quello che sarebbe da prendere in considerazione; sarebbe anche da capire come mai ha bisogno di fare dei componimenti così in questo modo. Forse perché negli Slipknot non sarebbero apprezzabili o sarebbero, giustamente o no non è affar mio, rimaneggiati parecchio snaturando il suo spirito compositivo?! Stessa cosa se fossero usciti come Stone Sour?!
A livello di produzione, nulla da dire, super pompata e super professionale come ci si sarebbe atteso da lui da da BMG che produce l’album. Ma per il resto poco o nulla spunta al punto da urlare ad un capolavoro o ad un ottimo prodotto da avere a tutti i costi e da non farselo più scappare.
Diciamo che nel complessivo questi tredici brani si fanno ascoltare nel nel bene e nel male, ma senza grossi momenti in alto o in basso, come già scritto sopra. Unica cosa che si nota è la capacità di Taylor di proporre materiale parecchio differente dal solito anche se parecchio troppo “commercialotto” in questo specifico caso.
A conti fatti, concludendo, album che passerà leggermente sotto tono rispetto a quello che poteva essere un secondo album solista. Dispiace da un lato, ma forse è anche il risultato, in negativo, di quello a cui ci ha “abituato” a sentire in passato uscire dalle sue mani e dalla sua voce.
Voto: 6.5/10
Alessandro Schümperlin