Nel recensire la ristampa del primo omonimo album de Il Segno Del Comando affermai che “anche chi non ha mai visto lo sceneggiato omonimo potrebbe esperire delle ravvisaglie di eventi paranormali durante l’ascolto dell’album.” La penso ancora così. E ciò si ripercuote, seppur in maniere differenti, anche nella discografia successiva dello stesso progetto musicale. Diego Banchero e soci in passato hanno prodotto album di grande pregio concettuale, come “Der Golem” e “Il Volto Verde”, entrambi ispirati a capolavori letterari partoriti dall’immaginazione dello scrittore/esoterista Gustav Meyrink. Ebbene, qui i nostri sono chiamati a concludere la trilogia Meyrink, con un album intitolato “Il Domenicano Bianco”, in parte ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore austriaco. La drammaticità del Dark/Prog settantiano de Il Segno Del Comando non manca di affascinare neanche questa volta. Tra sontuose ouverture organistiche di sapore Bach-iano, arrangiamenti collettivi basati su tempi di batteria complessi, testi decantati in un italiano colto e dall’incedere abbastanza recitato. Insomma, tutto l’armamentario e la drammatica oscurità che è tipica del Segno, viene riproposta e messa a servizio di una narrazione musicale dal piglio squisitamente adulto e compiuto. Non mancano disquisizioni tematiche come nella ballad “Ofelia” o nella suite strumentale composta da “La Testa Di Medusa” e “Il Dissolvimento Del Corpo Con La Spada”. Presenti anche le ormai immancabili jam strumentali nelle parti centrali dei brani più lunghi, con copiosi assoli di chitarra (tutti e due i chitarristi ci danno dentro eh), nonchè di organo e synth analogico… forse leggermente stucchevoli per lunghezza. Le tracce sono forse sviluppate e prodotte in maniera più nitida rispetto al passato. Ciò può essere un pregio oppure un difetto. I primi album potevano non avere una produzione cristallina (il che non vuol necessariamente dire pessima, anzi), ma data la particolare dimensione musical-concettuale della band, il tutto era orchestrato ad arte per dare maggior mistero e teatralità alla musica. Con una produzione così pulita viene a mancare un po’ l’aspetto retrò e misterioso del Segno Del Comando. Forse i nostri hanno voluto allargare il loro pubblico con una produzione un po’ più rifinita, non gliene faccio una colpa. L’importante è non farsi intrappolare nei clichè dei preset odierni. Questo solo il tempo potrà deciderlo. Allo stesso modo, il cambio di cantante si può considerare qualcosa da prendere con i guanti di velluto. Nei primi due album l’ormai mitico Mercy, con la sua vena “dark-goth” e il suo immenso senso del drammatico, era sulla buona strada per diventare praticamente “emblematico” per un progetto musicale di questo livello (quanto con i Malombra, con i quali continua a cantare). Sono spiacente di affermare che l’attuale singer Riccardo Morello, nonostante la discreta preparazione, non riesce a raggiungere la vetta espressiva del più classico e sontuoso Mercy. Sono al corrente che questo mio giudizio severo possa avvicinarsi più all’emotività che al raziocinio. Ma se affermo tutto ciò è proprio perchè la musica del Segno Del Comando è stata creata per evocare e condurre una forte spirale emotiva, sviluppando in musica concetti di esoterismo pescati da particolarissimi romanzi, film e sceneggiati TV. Sono convinto che la natura de Il Segno Del Comando sia fortemente, splendidamente Esoterica. Per questo va resa con un certo grandeur. D’altra parte, limitandoci a comsiderare Il Segno Del Comando un progetto musicale Dark/Prog, possiamo certo definire “Il Domenicano Bianco” un album onesto, ben confezionato e narrativamente piuttosto coinvolgente. Concludo il mio giudizio dicendo che è sempre un piacere riascoltare una nuova versione, stavolta cantata in italico idioma, della ormai mitica “Missa Nigra”, nonostante non aggiunga molto all’originale. Questo è tutto ciò che mi detta il mio raziocinio. E ora, e permettete, scendo in strada: questa volta Lucia non mi sfuggirà. Devo sapere dove è diretta…
Voto: 7,5/10
Alessio Secondini Morelli