Il “caro” Hakon Gebhardt, batterista dei Motorpsycho dagli esordi al 2005, arriva a noi con questo terzo lavoro da l titolo: “Geb Heart” (dopo i primi due lavori agli inizi dei 2000) e l’ex-Motorpsycho si (ri)scopre polistrumentista e compositore al punto di fare diverse variazioni sul tema, partendo dall’indie rock e toccando, o dovrei dire più sfiorando, altri lidi sonori tra qui quello psichedelico e quello folk rock.
“Geb Heart” è composto e suonato quasi completamente da Hakon, i testi sono scritti a quattro mani con la moglie, Marì Simonelli, che per altro suona il basso nell’album.
Strutture carine, ma non eccelse; nel senso che il composto è prevedibile a più riprese, sia chiaro se volete un album senza pretese, ma con una vena leggera e senza troppi pensieri direi che questo lavoro fa per voi. Parlo sia della parte tecnica che quella “empatica”.
Delle quattordici tracce che si trovano in quest’album le soluzioni sonore sono prevedibili, dicevo, sia per le scelte di arrangiamenti, di missaggio e di mastering tanto quanto di post produzione.
Per quello che concerne invece l’incisività del lavoro… direi che come arriva, così va via. Non rimane minimamente in mente neppure dopo diversi ascolti.
Inoltre in alcuni casi, l’intento di fare gli assoli con note “sbagliate”(o per meglio dire dissonanti) per creare stupore, creano solo disturbo uditivo e innervosiscono parecchio l’udito.
Diciamo che non è un lavoro brutto, ma neppure un capolavoro. Di certo si è tolto di dosso la dose massiccia del suo passato nei Motorpsycho, ma forse non era il caso di togliersela in questo modo.
Anche il finale in strumentale, ben tre tracce, con delle composizioni più avanguardistiche e sperimentali non aiutano, seppur possono dare una sferzata differente e una presa di “coscienza” più interessante.
Concludendo, questo terzo lavoro di Gebheardt, mi risulta un pelo indigesto. Ci sono dei pezzi che potrebbero dare parecchio, ma che a conti fatti non hanno il guizzo e si fermano a poche varianti su di un “tema” più che letto ed ascoltato.
Posso dargli un’insufficienza?! NO, perché salvo la questione dei soli fatti con note dissonanti è un lavoro fatto bene, ma non posso dargli più della sufficienza perché non resta in mente.
Resta inteso che se siete interessati all’indie, o se ne siete ossessionati, questo è un album che fa per voi; in alternativa, passate oltre.
Voto: 6/10
Alessandro Schümperlin