Questo gruppo proviene da Dallas e nella loro biografia si definiscono una moderna reincarnazione dell’heavy metal classico. In realtà, ascoltando questo minilp, composto da 5, lunghi, brani, l’impressione è di qualcosa di più ambizioso che una mera riproposizione di stilemi e modelli ascoltati migliaia di volte.
Il loro metal fortemente influenzato dal doom e dal thrash, in primis però dai Black Sabbath, contiene elementi anche particolari, come gli assoli assolutamente psichedelici, carichi di effetti anni settanta, del chitarrista Stergas Stockwell che caratterizzano un po’ ogni brano, lunghe cavalcate acide che li per lì sembrano davvero entrarci poco con il resto della proposta musicale del gruppo, ma alla lunga hanno il suo perché.
Inizialmente nati come cover band di Ozzy Osbourne, gli Edge of Insanity si sono trasformati e evoluti nel corso di questi ultimi mesi, assemblando nei vari passaggi diverse sfumature compositive, che rendono anche al primo ascolto questo “Redemption” un prodotto disomogeneo ma ricco di potenzialità, che saranno verificabili nel full lenght che la band ha annunciato come prossimo.
I cinque brani sono, come ripeto, un po’ slegati fra loro, ma molto belli. Si comincia con “Feed”, dalle sonorità stoner-doom molto accentuate e con un retrogusto che avvicina ai loro maestri e ispiratori Black Sabbath. Il basso tonante di Daniel Moore è lo strumento trainante di “Prison”, altro brano con forti influenze doom e non solo. Il terzo brano porta un nuovo cambiamento di stile e qui ci si avvicina molto al classic metal che gli Edge of Insanity indicano nella biografia. Il riff che anima il pezzo sa molto di Judas Priest, anche se la voce di Lance Lutz, lavorando sui toni acuti, mi ricorda molto Rob Halford ma, in particolare, un altro grande vocalist, ovvero Eric Knutson dei Flotsam & Jetsam. Una slide guitar introduce “Undertow”, pezzo molto blueseggiante e dai richiami southern, che sorprende molto ma che dimostra che Edge of Insanity hanno idee e capacità esecutiva. Il brano, composto sulle rive del Mississippi, procede su toni semiacustici e molto particolari, che evidenziano anche la profondità della voce del cantante . La conclusiva “The River”, che sembra l’evoluzione elettrica del pezzo precedente, è il primo brano composto dalla band nella sua configurazione attuale e propone un sound sabbathiano molto orientato verso il doom, che ci fa capire quali saranno le coordinate della prossima uscita di questa band di Dallas, composta da ottimi musicisti, come il batterista Gary Dacus che è poi quello che ha tirato le fila nella parte iniziale della vita di questo combo, gestendo la difficile fase della pandemia. Aspettando una prova più lunga, con una formazione stabile, per il momento gli Edge of Insanity convincono molto.
Voto: 7/10
Massimiliano Paluzzi