Dopo dieci anni di inattività, almeno dal punto di vista delle uscite discografiche, la sorte sembrava segnata per il gruppo svedese dei Dragonland. Evidentemente, però, quanto seminato fino dagli esordi datati 2001 hanno permesso loro di mantenere sotto la cenere il fuoco della stima di tanti supporters tanto che oggi tornano in grande stile, dopo il disco del 2011 “Under the grey banner”.
La band , Elias Holmlid (Keyboards), Anders Hammer (Bass), Jonas Heidgert (Vocals), Olof Mörck (Guitars), Jesse Lindskog (Guitars), Johan Nunez (Drums), sembra motivata e in forma, e “The Power of the Nightstar” va gustato come un film, immaginandosi un viaggio interstellare di cui la musica è la trama centrale e non solo la colonna sonora. Scorrendo infatti i 13 brani si ha l’impressione di una partenza e di un arrivo, che poi è di fatto la preparazione per una nuova avventura.
Già l’ottima copertina fa capire che siamo di fronte a una opera curata, giustificata anche dalla lunga gestazione. Rispetto al passato dei Dragonland, vi è un massiccio uso dell’elettronica e dei sintetizzatori, con risultati sinfonici e epici molto apprezzabili. Il genere è catalogabile nel power metal melodico, ma suonato con classe e personalità, anche se le tracce tendono ad assomigliarsi e in certi frangenti pare di sentire una lunga suite, visto che non ci sono grandi differenze fra i brani e anche il tema proposto pare essere più lo stesso.
Si parte con una intro sinfonica ( “The Awakening) e “A light in the dark” propone un power metal di classe e molto groove, non sempre il disco avrà queste vette compositive, ma anche “Flight from destruction” è di gran livello e i richiami a un suono cosmico e spaziale sono piuttosto evidenti.
Una tastiera onirica è la cifra musicale di “Through Galaxies Endless”, mentre la batteria è protagonista con un suono molto coinvolgente in “”The scattering of Darkness” dove si ha la sensazione di vagare nell’universo.
Che si tratti di una storia, classificabile come sci-fi, è chiaro e si tratta della narrazione di un popolo che vaga nell’universo per cercare un nuovo luogo dove vivere, riuscendoci alla fine di molte battaglie e peripezie descritte nei vari brani del disco.
Fra tanti movimenti, “Aphelion” è un intermezzo strumentale molto sfumato, ma poi si riparte fino alla fine con un power metal dove anche la chitarra ha un grande risalto e con essa una ricerca melodica importante, come in “Resurrecting an ancient technology” oppure “Celestial squadron”. L’epicità emerge in “Journey’s End” che sembra un brano di una vera e propria colonna sonora, con corni di guerra che sfumano. Dal tono della finale “Oblivion” possiamo immaginare che non passeranno altri dieci anni prima di un nuovo disco di Dragonland e questa è sicuramente una buona notizia.
Voto: 7/10
Massimiliano Paluzzi