L’inossidabile ragazzo 69enne Biff Byford (ultimamente sopravvissuto alla grande anche ad un intervento urgente al cuore), da sempre voce e leader dei mitici ed altrettanto inossidabili Saxon, si concede ora il lusso di un album solista. Perchè, ci chiediamo? Ma probabilmente, tra le motivazioni che lo avranno spinto ad un’operazione del genere, soprattutto in questo particolare momento della sua vita, ci sarà stato il fatto che il nostro si sia reso conto che la sua particolarissima ed inimitabile voce, da sempre trademark della band madre e molto apprezzata dentro e fuori l’ambiente Rock/Metal, ha effettivamente un potenziale da poter sperimentare in contesti sonori anche leggermente differenti dall’Heavy Metal classico di cui i Saxon sono assoluti maestri. E probabilmente Biff si è anche trovato a considerare che il temporaneo cambiamento di rotta musicale effettuato dagli stessi Saxon a metà anni ’80, vertente su lidi più AOR/Melodic Metal, seppur all’epoca motivato da pure ragioni commerciali (non stiamo qui a polemizzare su tutte le varie scelte errate del management di allora, parliamo solo di musica qui in questa recensione), non era proprio da gettar via (beh effettivamente c’é da dire che, nonostante il loro declino di popolarità dell’epoca, il capitano Biff e la sua ciurma di Sassoni si sono costantemente dimostrati ottimi songwriters). Ciò traspare, ad esempio, dalle iniziali “Welcome To The Show” e “School Of Hard Knocks”, che rimembrano proprio le sonorità di dischi comunque pregevoli come “Innocence Is No Excuse” e “Destiny”. Il resto dell’album alterna brani Metal molto potenti e relativamente contenuti nella durata, non dissimili dalle ultime cose dei Saxon stessi, a concessioni in territori musicali un po’ inconsueti, quali la cover di “Scarborough Fair” di Simon & Garfunkel, momenti epici come “Inquisitor / The Pit And The Pendulum” e la bella ballad “Throw Down The Sword” (che rivanga a tratti le atmosfere dell’ormai mitica “Rainbow Theme / Frozen Rainbow” dal primo omonimo album dei Sassoni), fino ai due momenti più “Classic Rock” in assoluto: l’orecchiabile, ottima ballata “Me And You”, subito diventata singolo e videoclip, e la finale rock-song senza fronzoli “Black And White”. Ecco, in questi ultimi due brani la splendida e versatile voce di Biff mostra particolare disinvoltura, ed è capace di farci tornare ai migliori anni ’70/’80, quando in ambito Rock esistevano veramente vocalist che si erano creati uno stile da soli, poiché il “manierismo” ancora non esisteva. Due parole anche sull’ottima line-up internazionale che il grande Biff si è scelto per l’occasione: il bassista greco Gus Macricostas, il batterista svedese Christian Lundqvist ed il suo connazionale, il chitarrista Fredrik Åkesson, ben conosciuto per la sua attuale militanza negli Opeth, che lungo tutto l’album ci elargisce una prestazione di grande versatilità e valore chitarristico. Probabilmente l’album solista di Biff Byford non sarà considerato il miglior Rock-Album del 2019, e magari la sua popolarità resterà comunque relegata alla cerchia dei fans “Die Hard” dei Saxon. Ma accidenti se non è un album di indubbia qualità intrinseca e “di gran cuore”. Consigliato a tutti gli estimatori, vecchi nuovi e potenziali, della magica voce di Biff.
Voto: 8/10
Alessio Secondini Morelli