Secondo disco per i “Bells and Ravens”, band tedesca capitanata dal chitarrista Matt Carviero. Il disco intitolato “What death cannot end” (autoprodotto) e’ un concentrato di Symphonic Power metal melodico, le cui orchestrazioni rimandano alle opere piu’ oscure dei film di Tim Burton.
Splendido l’artwork di copertina che ci rimanda a quello dei Savatage di “Wake of Magellan” (in realta’ questo dei “Bells and Ravens” e’ molto piu’ bello), il disegnatore e’ Par Olofsson (Exodus, Immortal,ecc.. ).
I Bells and Ravens non hanno un cantante “fisso” ma si avvalgono della collaborazione di diversi cantanti che si alternano dietro al microfono. La band e’ composta, oltre al “mastermind” Matt Carviero alle chitarre, da Roberto Palacios al basso (Chinchilla, My Darkest Hate) e Claudio Sisto alla batteria (Mystic Prophecy, Chinchilla, My Darkest Hate): per quest’ultimo, sfortunatamente, si tratta di un album postumo in quando e’ venuto a mancare lo scorso anno, a soli 37 anni. Matt si occupa oltre che delle chitarre, delle tastiere e delle orchestrazioni.
Il disco dedicato alla memoria del compianto Claudio Sisto, e’ prodotto, mixato e masterizzato dallo stesso Carviero, il quale e’ riuscito ad occuparsi di tutto e nel miglior modo possibile.
Il disco apre con “Your last sacrifice”, un mid-tempo sinfonico (che sfocia in up-tempo verso il finale), una sorta di incrocio tra Nightwish e Avenged Sevenfold, dove il cantato di Tommy Laasch (Chinchilla) rimanda a quello di Tobias Sammet, interessanti gli spunti orchestrali contenuti nel brano: ottimo inizio !
Segue “The headless horseman”, oscure orchestrazioni fanno da contorno a questa questa symphonic power song cantata divinamente da Tim “Ripper” Owens; sonorita’ (a tratti) trash si fondono a quelle di origine power teutoniche: immaginate i Judas Priest suonare come i Nightwish ed avrete un’idea di come suona questa traccia.
Ecco irrompere la perla del disco “Scourge of the seven seas”, traccia che ci riporta ai Savatage di “Wake of Magellan” (e chi non poteva cantarla, se non il buon Zak Stevens ! ); brano molto sinfonico e riflessivo, che narra storie di pirati, con l’ intro iniziale che include delle parti dell’opera di “Richard Wagner ‘s “The flying dutchman”.
“Martyrs & illusionists” : brano interpretato da Selin Schombeck che a tratti mi ricorda Rob Rock (Impellitteri), up tempo scandito da diversi cambi di tempo, con la sezione ritmica sugli scudi; per fare un parallelismo, potrebbe suonare come un brano di Impellitteri con l’aggiunta delle orchestrazioni. Traccia molto bella e variegata.
“Zone of pain”e’ una traccia prog metal, tra le meno convincenti del lotto (per me), anche in virtu’ del cantato di Jurgen Volk (vecchia gloria del metal tedessco anni 90 ‘ con i Glenmore e Rawhead Rexx) che non riesce ad entusiasmarmi; singer che ritorna a cantare dopo una sosta lunga 19 anni. Il ritornello del brano inoltre, ha il sapore di gia’ sentito.
Orchestrazioni funeste aprono “Beyond redemption”, power song sulla scia degli Stratovarius di “Nemesis”, dove si alternano al microfono due cantanti: Tobias Huebner e Andreas Mozercon, cantato “pulito” vs. “growl”.
Una chitarra acustica apre “Dishonored” (con Tommy Laasch alla voce), la traccia poi cambia pelle, con tanto di sfuriate trash, nel refrain troviamo l’epicita’ tanta cara agli Avantasia.
“Master of my fate” e’ la seconda traccia (epica) interpretata da “Ripper” Owens, davvero piacevole nell’ascolto, sulla scia degli Stratovaius di “Nemesis” e “Elysium”.
La penultima traccia “1773” e’ strumentale, si tratta di un omaggio al grande W.A.Mozart , basata sulla sinfonia no. 25 in G minore.
Chiude il disco “Martyrs & illusionists pt. 2“, lunga ballad cantata da Tobias Huebner; lo spettro dei Magnum aleggia nella parte iniziale di questa composizione, che narra delle difficolta’ di un soldato, nella vita di tutti i giorni, dopo essere tornato a casa dalla guerra.
Ottimo brano, con qualche recriminazione, nel senso che se fosse stato interpretato da Zak Stevens, probabilmente avrebbe avuto una marcia in piu’ in quanto e’ perfetto per la sua interpretazione “teatrale”.
Questo “What death cannot end” e’nel complesso un ottimo disco, ben prodotto, le composizioni risultano fresche; se il disco fosse stato cantato interamente da Stevens e Owens, avrebbe potuto sfiorare il capolavoro.
In uscita il 22 luglio 2022, ne consiglio l’acquisto ! (anche se purtroppo, il cd fisico non e’ attualmente previsto, sara’ disponibile solo l’acquisto in digitale).
Voto: 8/10
Stefano Gazzola