di Maurizio Mazzarella
Come è nata la vostra band?
Gli Airport Passengers nascono da un profondo sodalizio umano e artistico quella tra il sassofonista Tiziano Matera e il chitarrista Andrea Gentili. Entrambi provengono dall’ambiente jazz fusion romano e hanno mosso i primi passi all’interno della fucina di un pioniere della musica jazz fusion italiana come Toni Armetta. Successivamente intraprendono un percorso accademico in conservatorio che li porta a sviluppare a quattro mani brani strumentali inizialmente pensati per il duo sax chitarra e poi arrangiati e sviluppati per il quintetto strumentale. Gli AP sono Luca Monaldi alla batteria e drum machine, Matteo Bassi al basso, Andrea Gentili alle chitarre elettrica ed acustica e Oud Tiziano Matera al sax tenore e soprano e EWI e Nicola Benigni al piano e Keys.
Come avete scelto il nome del gruppo ed a cosa si ispira?
Il nome è nato dopo una prova, a cena. Lo studio dove provavamo all’epoca si trovava a Fiumicino e fu di Tiziano l’intuizione di chiamare la band Airport Passengers. Il significato è duplice: da un lato c’è l’essere cittadini del mondo perennemente con la valigia in mano e dall’altro c’è l’immagine più sfumata del volare con l’immaginazione verso universi creativi inaspettati.
Da un punto di vista stilistico come vi descrivereste?
Descriverci è davvero un’impresa perché è insito nel nostro modo di essere il fatto di non essere classificabili in alcuna categoria. Molti ci definiscono una band rock fusion ma, seppur tale collocazione stilistica rispecchi molte delle nostre modalità espressive, ci è sempre risultata un’etichetta solo parzialmente adatta alla musica che componiamo. Quello che abbiamo fatto da sempre è dare la priorità alla “sceneggiatura” e alla comunicazione emotiva delle nostre idee e, in tal senso, le sonorità e le tecniche di scrittura e arrangiamento sono più che altro il mezzo e non il fine per ottenere questo risultato. Un tratto comune che senza dubbio lega tutti i brani è il fatto che siano tutti strumentali di una certa lunghezza oltre al fatto che dentro ogni brano c’è un racconto, una narrazione che vuole evocare in chi ascolta immagini e paesaggi da scoprire. L’improvvisazione è un altro tassello fondamentale perché è l’anello di congiunzione più forte che abbiamo mantenuto con il jazz puro.
State lavorando ad un disco in studio?
Si, dopo i primi due album Hangar del 2016 e Departures del 2018 ci siamo gettati in una nuova avventura. Stiamo registrando dei nuovi singoli in studio e abbiamo deciso di farlo in presa diretta senza alcuna sovraincisione per restituire al pubblico un sound ancora più vero e live. On Line potete ascoltare già tre singoli tratti dalla live session al Coffee Studio di Roma che sono Laura, Hugo e Hollywood.
Altri nuovi brani e videoclip sono pronti a uscire prossimamente.
Chi vi ha ispirato ed a chi ritenete di assomigliare musicalmente?
Per quello che ti dicevo prima crediamo e speriamo di non assomigliare a nessuno in particolare. Le influenze, come capita per tutta la musica di tutti i tempi, naturalmente ci sono. Steps Ahead, Weather Report, Yellowjackets, Vince Mendoza, Pat Metheny Group, Bela Fleck & the Flecktones, Tribal Tech, Chuck Loeb, Mike Stern, Joni Mitchell, Ivan Lins, Ennio Morricone certamente sono tutti grandi bacini di ascolto per noi oltre che veri e propri eroi della nostra adolescenza.
Qual è il vostro punto di forza?
Il nostro punto di forza è nella scrittura musicale. Per noi, come ti dicevo, è davvero fondamentale la dimensione narrativa nella nostra musica. Ciò che crediamo possa contraddistinguerci è proprio questa alternanza di momenti emotivi a tinte cinematografiche dove ogni intervento è soppesato per condurre in un luogo, in una sensazione o in ciò che si vuole percepire. Nella nostra musica non c’è la parte dimostrativa e muscolare fine a se stessa quanto piuttosto una visione orchestrale del quintetto sviscerato in ogni sua possibilità espressiva.
Il genere che suonate quanto è difficile da diffondere in Italia?
Il un epoca di grande velocità di consumo come la nostra, portare avanti un progetto musicale incentrato sulle emozioni è abbastanza complesso. La nostra fortuna però è ed è sempre stata l’unione del gruppo e l’amore viscerale che proviamo per quello che facciamo.
La bellezza di scrivere musica e condividerla in studio per poterla far crescere e sviluppare è sempre stato il motore primario del nostro essere musicisti e compositori. Quindi ciò che facciamo e sempre faremo è continuare a scrivere e esplorare nuove soluzioni. Il nostro pubblico ad oggi è piccolo ma sa bene tutto quello che c’è dietro al nostro lavoro e questo ci viene restituito in modo incredibile durante i concerti rendendoci davvero molto felici.